La Stampa 28.10.17
“Grasso meglio di Pisapia”
E ora la sinistra anti-Renzi lo vuole incoronare leader
di Andrea Carugati
Il
giorno dopo la scelta di lasciare il Pd, il presidente del Senato
Pietro Grasso torna a colpire. Ai microfoni parla della decisione del
suo ex partito di imporre la legge elettorale con la fiducia come di una
«violenza» al Senato. E ribadisce: «Ho lasciato il Pd perché non mi
riconosco più in quel partito e non ne riconosco più né il merito né il
metodo».
A sinistra le bottiglie per i brindisi sono state riposte
in frigorifero. «Adesso Grasso non va tirato per la giacca», la linea
dei bersaniani che già vedono il presidente del Senato come leader della
nuova lista. «Guai a tirarlo in dinamiche e polemiche politiche che non
hanno nulla a che fare con la seconda carica dello Stato», ragiona
Roberto Speranza, coordinatore di Mdp. Lo strappo fragoroso dell’ex
magistrato, a microfoni spenti, è considerata un ottima notizia per chi
ha passato tutta l’estate aspettando che Giuliano Pisapia prendesse la
leadership, fino al divorzio di poche settimane fa. «Ha mobilitato più
lui in un giorno che Pisapia in tre mesi», il commento frequente che si
ascolta a sinistra. «Tra noi una consonanza di giudizio», sottolinea con
piacere Massimo D’Alema. L’ipotesi di Grasso leader sembra mettere
d’accordo tutti: dai riformisti doc come Pier Luigi Bersani (che lo ha
accolto a fine settembre a Napoli alla festa di Mdp) fino alle frange
più di sinistra, e cioè gli uomini di Sinistra italiana e il gruppo
civico guidato da Anna Falcone e Tomaso Montanari che giudica la mossa
del presidente «un fatto importante, una buona notizia».
Le
frizioni di tre giorni fa, quando la capogruppo in Senato dei vendoliani
Loredana De Petris ha occupato lo scranno di Grasso per protesta contro
la fiducia sul Rosatellum, sono state cancellate con un tratto di
penna. E ora tutti tacciono, in attesa della prossima mossa del leader
designato. Che non sarà imminente. Ieri il presidente è volato a Palermo
per il fine settimana. E nelle prossime settimane, spiega chi gli ha
parlato, si terrà lontano dai riflettori: niente talk show o riflettori,
si limiterà a guidare l’aula di palazzo Madama durante l’approvazione
della legge di Bilancio. La guida della sinistra? «Un dossier che ancora
non è stato aperto», spiega chi lo conosce. Se ne riparlerà più avanti,
quando la sinistra avrà tenuto, tra fine novembre e inizio dicembre,
l’assemblea costituente e dunque avrà un profilo più definito. Di certo,
Grasso non è in cerca di una poltrona. E il fatto che il capogruppo Pd
Luigi Zanda abbia reso pubblico di avergli offerto nei giorni scorsi un
seggio «sicuro» in Sicilia toglie ogni benzina alle polemiche.
Nel
Pd la scelta del presidente del Senato riapre ferite mai richiuse.
«Pieno rispetto per la decisione del presidente del Senato, sbagliata
ogni polemica», taglia corto Renzi. Ai vertici dem fanno male le parole
di Walter Veltroni: «Il Pd è stato ideato e costruito per persone come
Grasso. Speriamo di ritrovarci uniti per i nostri valori comuni». I
dissidenti interni aprono il fuoco. Gianni Cuperlo parla di una
«sconfitta». «Sarebbe una reazione sciagurata scrollarsi le spalle e far
finta di nulla. Bisogna interrogarsi sul perché accade e aggiustare
qualcosa». Critici i due sfidanti di Renzi alle primarie dello scorso
aprile: «La storia di Grasso per me è il Pd. Se qualcuno mette delle
condizioni per le quali un uomo così deve andare via mi viene un totale
scoramento», dice Michele Emiliano. «Ora il Pd è più fragile. Penso sia
giusto interrogarsi sulle ragioni di questa scelta e auspicare che si
riuniscano le strade», gli fa eco Andrea Orlando. Tra i dem scoppia il
caso Patrizia Prestipino. La dirigente attacca Grasso: «Sembra il film
“Prendi i soldi e scappa”». «Parole in libertà», la gelida replica di
Matteo Richetti.