La Stampa 25.10.17
Andrey Konchalovskiy
“Di quell’era terribile non tutto è da buttare via”
“Tra i risultati positivi ci sono la fine dell’analfabetismo l'industrializzazione e la sconfitta del nazismo”
intervista di Francesca Paci
Ciak,
si gira. Andrey Konchalovskiy stacca l’occhio dalla macchina da presa
con cui sta filmando il kolossal d’autore Il Peccato sulle colline di
Firenze e inquadra la Storia: 24 ottobre 1917, il primo dei dieci giorni
che sconvolsero il mondo. È passato un secolo dal blitz bolscevico ma i
fantasmi di quell’incipit del ’900 seguitano ad aggirarsi per l’Europa,
più reali dei concittadini di Michelangelo in pausa tra gli ulivi
dell’antico Spedale del Bigallo. Ottant’anni di cui oltre metà nel
cinema, il dissacrante regista russo che ha firmato pellicole
sovversive, blockbusters e dure satire del presente, non si appassiona
all’eredità rivoluzionaria come fa il fratello Nikita Mikhalkov, ma
neppure a quella del dissenso. T-shirt, bretelle e gambe sul tavolo
della roulotte con l’aureola del «maestro», ascolta, ride, chiede se
sarà riportato tutto quanto dice.
Leningrado è tornata San Pietroburgo: cosa resta del 1917?
«Resta
la vera cortina di ferro, quella che precede la contrapposizione tra
capitalismo e comunismo. La rivoluzione del ’17 non può essere
estrapolata dalla storia. Ciò che è ancora qui, dopo secoli di lotte, è
il conflitto tra la cristianità ortodossa e cattolica. Spero che
l’Europa dell’est e dell’ovest sanino questa frattura originaria perché
le forze che la vogliono e che oggi si manifestano come ideologia
americana minacciano l’Europa più dell’immigrazione».
Marx è morto ma Dio vive?
«Le
religioni formano le tradizioni. Il cristianesimo latino è storicamente
“sociale”, ha incoraggiato la nascita della borghesia e dei piccoli
mercati dove si vende il raccolto dei campi. In Russia il clima è duro,
il territorio sconfinato e disabitato, non ci sono strade per andare al
mercato né mercati. L’uomo russo lavora la terra senza piacere.
L’assenza del mercato ha impattato molto sulla mentalità russa:
geneticamente siamo Europa, ma la testa è diversa».
Vuol dire che la rivoluzione poteva compiersi solo in Russia?
«Quella
bolscevica sì. Ma la produsse il mondo occidentale. Già nel 1800 Lord
Palmerston diceva che la vita era dura quando la Russia non combatteva
con nessuno. La Gran Bretagna voleva smantellare la Russia, una terra
immensa, con pochi abitanti e tante risorse. Lenin non sperava tanto. Fu
un evento orchestrato come lo fu la caduta dell’Urss: qualcuno oggi
vorrebbe il tris in Russia».
Alla sua nascita Lenin è morto, Trotsky vive in Messico, Stalin regna con le purghe. Cosa ricorda?
«Ero
un bambino, c’era la guerra, fuggimmo da Mosca. Oggi però so che la
propaganda sovietica ci ha intontito di leggende sulla rivoluzione,
Lenin, Stalin, miti che, dopo l’89, sono diventati mostruosi. La verità
dev’essere in mezzo. Da ragazzo ero anti-comunista e avversavo Stalin,
ma 10 anni dopo la Perestrojka la Russia era al collasso ed è arrivato
Putin. I russi sono alieni al business. Una differenza che potrebbe
essere positiva alla luce di quanto scriveva Huxley 70 anni fa:
“L’occidente va verso l’abisso in Rolls-Royce e la Russia in
utilitaria”. L’Europa è stufa della civiltà, la Russia non ancora e
senza l’Europa sopravviverà. Siamo certi del contrario? Parliamoci: noi
abbiamo l’energia, voi la cultura».
Crede nella politica, o l’ha fatto?
«Mi
ha interessato. Ma l’arte non è politica. Michelangelo pensò il David
come opera politica, voleva fosse il simbolo della Repubblica e invece è
rimasto solo il David. Peccato che in questi anni l’arte sia in
declino, i musei espongono gli artisti più quotati, le opere sono un
investimento. Aveva ragione Marx quando vaticinava l’alienazione del
consumatore dal prodotto».
Rimpiange quando era peggio?
«L’Ottobre
1917 apre un periodo molto crudele: ma quale non lo è stato nella
storia russa? Quel regime crudele ha anche prodotto risultati
straordinari, ha sollevato un popolo analfabeta all’85%, ha macinato
economia, ha piegato la Germania. Tutti i russi, tranne i dissidenti e
le vittime dei campi, ammettono che l’Urss era stabile, sicura, il cibo
costava poco. Non giudico, è così. Per i russi non conta la libertà di
un blog: ignorano la democrazia o la borghesia, non sono fatti per il
capitalismo, hanno sempre delegato il potere al leader forte, lo zar,
Stalin, Putin».
Dopo le avanguardie, cosa è successo tra intellettuali e Soviet?
«La
specificità russa non è l’avanguardia ma l’intelligencija. Dovunque ci
sono gli intellettuali, a volte critici del potere altre no. Da noi c’è
l’intelligencija che, in quanto tale, si oppone. O sei contro o sei un
traditore. Per me gli intellettuali sono Puškin, Tolstòj, Dostoevskij.
Io, sebbene mio fratello mi consideri wishy-washy, sono un artista, sono
libero da tutto ciò».
Però non cita mai la libertà...
«La
libertà non serve all’arte! I grandi capolavori sono nati sotto le
dittature. Cosa crea la libertà? C’è una scena di Sordi che, alla
Biennale, spiega alla madre l’arte astratta: geniale».
La fine del
cinema epico e il ricorso all’inquadratura soggettiva alla «Dunkirk» è
legata alla crisi delle grandi ideologie del 900?
«Costa solo
meno. Non ho visto Dunkirk ma non so associare epica e ideologia. Ce
n’era dietro Ben Hur? Semplicemente andava il cinemascope. Il grande
cinema non è morto, è diventato svago da teenagers con i popcorn. Se in
una multisala si proiettano solo film d’azione americani, c’è libertà di
scelta? Ma sono ottimista. Il video on demand apre nuove libertà».
Quando lasciò l’Urss immaginava l’implosione dopo 9 anni?
«No,
volevo solo viaggiare. Non sono mai stato un dissidente politico, o
meglio, tutti lo erano in cuor loro ma quasi nessuno lo diceva. Mi ero
formato negli anni di Krusciov, l’Urss si apriva. Partii perché ero
stufo di chiedere visti, cambiare i rubli. Poi, lavorandoci, ho capito
che Hollywood non m’interessava».
I comunisti europei hanno capito il comunismo sovietico?
«Lo
capivano ma economicamente dipendevano troppo da Mosca per dirlo. Poi
una parte si allontanò. Io sono un marxista latente: Marx era un genio,
il secondo dopo Cristo. Credo che l’Europa tornerà al comunismo, magari
nella forma di una socialdemocrazia di sinistra: il neoliberismo è agli
sgoccioli».