mercoledì 25 ottobre 2017

La Stampa 25.10.17
Legge elettorale al Senato
La fiducia alza lo scontro
Ora tra i renziani scatta la paura di perdere i collegi per il “nemico a sinistra”
di Carlo Bertini

E ora che il «Rosatellum» viene dato per fatto, che la legge elettorale sta per passare con una raffica di cinque voti di fiducia tra gli strepiti dei 5 Stelle e l’invasione del banco di Grasso da parte della sinistra, anche tra i renziani si diffonde il timor panico della sconfitta nei collegi: non sono solo quelli delle correnti di Franceschini e di Orlando, ma anche alcuni dei più vicini a Renzi nei conversari privati la vedono male. E vedrebbero bene una coalizione con Mdp, ben sapendo che correre con il nemico a sinistra è il modo migliore per non battere gli avversari. «Dovremo valutare a seconda dell’esito elettorale in Sicilia, quanto forte sarà il pressing delle correnti per riaprire una discussione con Mdp», dicono gli uomini del leader.
Le proiezioni che alcuni dirigenti Dem di una regione rossa si son fatti fare in base ai flussi mostrano scenari da brivido a favore del centrodestra, dal Nord-Est al Sud, con qualche scampolo di luce al Centro-Nord. Nel cerchio stretto renziano notano che in questa fase ci sono molti pozzi inquinati messi in giro ad arte. «Guardate che sulla base dei voti del referendum di domenica, alcune aree del Nord le prendiamo», sdrammatizzava ieri in Senato Stefano Ceccanti, il costituzionalista Pd. Ma la paura della batosta fa novanta. Tanto che il primo effetto di questa nuova legge elettorale sembra essere il riaffiorare - ben nascosto - di una voglia di coalizione a sinistra. Malgrado i colpi da una parte e dall’altra: «Neanche Mussolini osò tanto», grida il bersaniano Fornaro dal palco della manifestazione contro la fiducia in piazza Navona. «Usciamo dalla maggioranza», sancisce Mdp salendo al Colle. Insomma rottura. Ma dietro le quinte c’è la consapevolezza che dopo il voto siciliano si potrebbero dover riaprire i giochi. Non solo gli ex alfieri del Pd delle origini voglioso di andare da solo al voto, «speriamo che approvata questa nuova legge tutti comincino a ragionare in termini di convenienze reali»; ma persino tra i fuoriusciti di Mdp: i quali in pubblico gridano che con Renzi non si farà nulla, ma nel chiuso dei loro summit sentono fare ad alcuni compagni ragionamenti più realisti, mirati a cercare una strada per uscire meno malconci dalle urne, ovvero un’alleanza col Pd renziano. Per evitare soprattutto di finire risucchiati dal «voto utile» che premierebbe il partito più grosso a scapito del piccolo.
Il polo che non c’è
«Nel 2007 dopo il Lingotto almeno avevamo l’alleanza con Bertinotti e i radicali», sbotta dunque Giorgio Tonini, pasdaran del Pd veltroniano. «Noi non abbiamo nessuno straccio di coalizione e sulla carta Berlusconi ha già vinto le elezioni». E anche se il Pd pensa di costruire un’alleanza a tre gambe, una a sinistra e una al centro, «non si inventano partiti per amor di coalizione. Al Nord l’alleanza Lega- Berlusconi è dura da superare, al Sud Dio ci aiuti e al centro gli scissionisti ci fanno perdere dove possono». Ecco, anche se i big come Rosato sono convinti che nei collegi il Pd può giocarsela eccome, un sentimento di scoramento aleggia tra le fila del Pd.
Napolitano in campo
A non votare la fiducia oggi saranno una manciata di senatori, Chiti, Tocci, Manconi e Micheloni, ma a non gradire questa legge son molti di più. L’evento più atteso di questa partita è l’intervento di Giorgio Napolitano: parlerà stamattina, «e la suspence è il sale della politica», ci scherza su Luigi Zanda. In realtà al governo, presente in Senato con diversi ministri, risulta che l’ex Presidente voterà la fiducia, pur criticandola aspramente e anche la legge, riservandosi una serie di critiche sui punti già delineati: come l’indicazione del capo politico della lista. Ma senza affondare il coltello nelle varie piaghe, almeno questa è la speranza.