Corriere 25.10.17
Palazzo Madama: il racconto
Bende e occupazioni. E c’è chi pensa al 1917
di Aldo Cazzullo
Grillini
con benda sugli occhi tipo fucilazione o rito bondage, la De Petris che
occupa la sedia del presidente, il governo che mette la fiducia; ma il
tema del giorno diventa la Rivoluzione d’ottobre.
Tra i voti
segreti respinti e la fiducia chiesta dalla povera e vituperata
Finocchiaro, s’avanza l’uomo del momento: il professore operaista Mario
Tronti, senatore pd. Dalle finestre del Senato arrivano gli strepiti dei
manifestanti tenuti a bada dai carabinieri, ma sono altri i tumulti che
vedono gli occhi di Tronti: «Il 24 ottobre del 1917, secondo il
calendario giuliano, o il 7 novembre, secondo il calendario gregoriano,
esplodeva nel mondo la Grande Rivoluzione russa...».
La scena è
surreale, i grillini si guardano l’un l’altro ignari, il senatore a vita
Rubbia interroga il suo vicino Bonaiuti: «Scusa, sono appena tornato da
San Francisco dove ho commemorato i 75 anni della pila atomica di
Fermi, ho ancora il jet-lag; chi sta parlando, e perché?». In effetti
sarebbe il giorno in cui il Senato affronta il nuovo sistema elettorale
detto Rosatellum, ma Tronti è ispiratissimo: «Soldati, operai, contadini
russi, non sparate contro i soldati e i contadini tedeschi, ma voltate i
fucili e sparate contro i generali zaristi!». Applaude il senatore
sudtirolese Karl Zeller, forse per il sollievo di evitare le
schioppettate delle guardie rosse.
I giochi per la legge sono
quasi fatti. L’accordo è che i grillini parleranno cinque ore, Forza
Italia dieci minuti, la Lega zero. Cinque moschettieri del Pd mantengono
le loro riserve: Mucchetti, Manconi, Tocci, Chiti, Micheloni. Il
prodiano Tonini voterà sì per disciplina di partito: «Ma non è una legge
sincera, perché non darà un vero vincitore; e non è una legge
conveniente per noi, perché l’unico che può fare le coalizioni è
Berlusconi». Il capogruppo di Forza Italia Romani, indicato come il vero
padre del provvedimento, non smentisce: «Manteniamo l’impianto
proporzionale, ci prepariamo a fare il pieno di collegi al Nord e non
solo; che vogliamo di più?». Tronti con il corpo è qui, ma con la mente è
a San Pietroburgo con Lenin e Trotzky: «La lucida strategia dei
bolscevichi contro i menscevichi era che i comunisti dovevano mettersi
alla testa della rivoluzione democratica...». Il ciellino Mario Mauro,
ex ministro passato all’opposizione, dà mano al libro nero del
comunismo: «E i 20 milioni di kulaki fatti morire di fame? E Pol Pot che
faceva sparare a chiunque avesse gli occhiali?».
Alla fine anche
Napolitano voterà sì alla legge, pur criticandone l’impianto. «Sono nove
anni che ci fa una testa così sulla riforma elettorale — si sfoga un
senatore pd —, ora che l’abbiamo fatta ci manca solo che voti contro».
Neppure Calderoli, padre del Porcellum, è entusiasta: «Dovendo scegliere
un vino, che sia bianco o rosso; il rosatello non lo bevo mai». È qui a
Palazzo Madama anche l’avvocato Ghedini, come solo nelle grandi
occasioni. Tronti invece è già alle porte del Palazzo d’Inverno: «La
rivoluzione partì su tre parole d’ordine, pace pane terra, che toccarono
il cuore dell’antico popolo russo. Per questo vinse l’assalto al cielo,
già tentato dagli eroici comunardi di Parigi...». Gasparri arriva
trafelato e si indigna: «Allora uno di noi potrebbe alzarsi il 28
ottobre a commemorare la marcia su Roma!».
Nell’attesa, la rissa
si accende all’annuncio del voto di fiducia. I fotografi strapazzano i
cronisti: «Via di lì, che mi copri i grillini!». Ma a sorpresa parte
subito forte la De Petris, che innalza il cartello rosso «Zero fiducia»
affiancata dall’eroico Mineo, e poi occupa lo scranno del presidente
Grasso. Minniti si guarda attorno malinconico con l’aria di chiedersi
«che ci faccio qui?».
I Cinque Stelle restano seduti: «Chiedo di
essere inquadrato!» reclama il capogruppo Endrizzi. I commessi si
preparano a intervenire, spalleggiati dal biondo Malan di Forza Italia.
Finalmente in favore di telecamera, i grillini a simboleggiare la cecità
della democrazia indossano le bende bianche, quasi tutti sugli occhi,
qualcuno forse per sbaglio sulla bocca. Tronti, sconfitti i nemici del
popolo, vola altissimo: « L’anima e le forme è lo splendido titolo di un
libro del giovane Lukàcs che esce nel 1911. Era l’anima dell’Europa...
Colleghi, lo spirito anticipa sempre la storia!». In tribuna assiste una
scolaresca attonita. Minniti interviene protettivo: «Guai a chi me lo
tocca, Tronti è sulla mia linea. Pane e ordine; la sicurezza è di
sinistra».
Resta il fatto che, con la fiducia, di legge elettorale
quasi non si discute. Le votazioni scavano un solco a sinistra tra Pd e
scissionisti. E isolano i grillini, che occupano i banchi del governo,
mentre la De Petris viene portata via di peso. Oggi Forza Italia e Lega
non parteciperanno al voto ma i numeri sembrano certi, i verdiniani sono
con il governo; il problema potrebbe essere il numero legale, ma
Gasparri ha pensato anche a questo: «Qualcuno di noi è sempre in
missione o malato, quindi abbasserà il quorum. Il senatore Fazzone ad
esempio si è rotto un braccio». Potrebbe venire lo stesso. «Guardi la
foto: è ingessato, non riesce neppure a indossare la giacca, che qui al
Senato come sa è obbligatoria». Nel voto finale, giovedì mattina, non
c’è fiducia, e anche la destra potrà votare la legge che la favorisce.
Il capogruppo pd Zanda invita ad accontentarsi: «Guardiamo un attimo
fuori di qui. La Spagna va in frantumi, il matto coreano arma i missili,
Trump fa volare i B-52, da Mosca al Cairo passando per Istanbul è il
festival della democrazia autoritaria; e noi facciamo i difficili sulla
legge elettorale? Non potevamo far votare gli italiani in un modo al
Senato e in un altro alla Camera».
Tronti è alla conclusione: «Vi
dico che non sarei qui se non fossi partito da lì, qui a fare politica
per gli stessi fini con altri mezzi; è un esercizio addirittura
spericolato, ma entusiasmante, se entusiasmo può esserci ancora concesso
in questi tristi tempi. Vi chiedo ancora scusa».