La Stampa 20.10.17
“La rivoluzione populista? L’Italia ci era arrivata prima”
Il
politologo inglese Jonathan Hopkin: “Vent’anni avanti rispetto a Usa e
Regno Unito, l’ondata di protesta l’avete già avuta e metabolizzata”
di Caterina Soffici
«L’Italia è avanti». Scherza? «Niente affatto. Almeno venti anni avanti rispetto agli altri paesi europei. E anche all’America».
Jonathan
Hopkin è professore di Politica comparata alla London School of
Economics, esperto di Italia su cui ha scritto vari saggi. Domani sarà
protagonista con lo scrittore Christian Raimo a Fill, Festival of
Italian Literature in London. Parlerà di un tema intrigante: «Italian
politics for Dummies», ovvero la politica italiana spiegata ai
principianti. Esercizio non del tutto ovvio, visto che l’Italia è spesso
considerata un luogo difficile da capire per gli stranieri. Soprattutto
se andiamo oltre gli stereotipi di pizza e mandolino (nel bene) o mafia
e corruzione (nel male).
Cosa significa che l’Italia vista da Londra è avanti?
«Significa
che la rivoluzione populista in atto in paesi come la Gran Bretagna
della Brexit o gli Stati Uniti di Trump in Italia c’è già stata nel
1993, con Mani Pulite. Voi l’ondata di protesta l’avete già avuta e
metabolizzata».
Ma c’è una bella differenza con i populismi di oggi.
«Il
movimento che ha spazzato via il pentapartito e ha aperto la strada a
Berlusconi ha in comune due cose con il 2016: affondava le basi nella
crisi economica e nel discredito della vecchia politica. Forse
Berlusconi non è stato un populista? Ricordatevi gli slogan: “L’Italia è
il paese che amo”, “Un milione di posti di lavoro”, “Meno tasse per
tutti”, “Un nuovo miracolo italiano”».
Quindi in Italia c’è già stata la rivoluzione populista che scuote l’Europa?
«Se
guardiamo alla superficie, paesi come la Gran Bretagna e l’America
sembrano estremamente stabili e affidabili e invece le forti tensioni
sotterranee hanno portato alla Brexit e all’elezione di Trump, vere
rivoluzioni. Mentre si è sempre detto che l’Italia era il paese
dell’instabilità, perennemente sull’orlo della rivoluzione. Invece
cambiano i governi, ma i politici sono sempre gli stessi. L’Italia
rimane il paese del trasformismo».
Trasformismo è una parola che non si può tradurre in inglese.
«Appunto. L’Italia è ancora il paese dove tutto cambia perché niente cambi».
Il solito Gattopardo.
«Sì.
Adesso torna pure Berlusconi. Anche in questo l’Italia è avanti. Se è
vero che le prossime elezioni porteranno a una coalizione di Berlusconi
con il Pd, l’ltalia è l’unico paese dove i partiti mainstream resteranno
al potere. Hanno cambiato apposta la legge elettorale per non
rischiare».
Renzi non è stato una rottura?
«A parole. Anche
Renzi è a suo modo un populista. Anche lui ha navigato sulla retorica
del fare. Smettiamola di parlare e facciamo. Sembrava che sarebbe
bastata la sua energia per risolvere tutti i problemi. Ma poi si è visto
come è finita».
Anche la rottamazione è stata una rivoluzione a parole?
«Certo.
Tutti i politici in Italia dicono che vogliono cambiare tutto. Ma
quando si tratta di cambiare sul serio - il posto fisso, le pensioni, i
piccoli privilegi - gli italiani non vogliono cambiare niente».
Cosa è il grillismo visto da Londra?
«Un’altra
cosa tipicamente italiana. In termini di voti è il primo partito
italiano, ma si definisce un non-partito ed è contro i partiti
politici».
Si definiscono Movimento, infatti.
«Da scienziato
della politica le dico che se uno si candida a governare può anche
cambiare la definizione ma la funzione è quella di un partito».
Sono dei populisti?
«Un’altra generazione di populisti, che crede di poter governare attraverso i poteri magici di Internet».
La scienza della politica cosa dice al riguardo?
«Che
non è possibile. Perché non puoi fare un referendum su ogni cosa.
Primo, perché rimane il dilemma di chi decide cosa si deve sottoporre a
referendum. E secondo, perché la gente in verità non vuole decidere».
Infatti non si riesce a decidere neppure in un’assemblea di condominio.
«E avete l’amministratore di condominio. Un’altra figura intraducibile in inglese».