Il Fatto 20.10.17
Costituzione: i valori non sono in crisi
di Giovanni Maria Flick
In
tempi di crisi dei valori – da quelli culturali a quelli religiosi,
sociali, etici, economici, politici, cui la nostra generazione era stata
abituata ed educata – è difficile resistere alla tentazione del
pessimismo. Basta pensare al vuoto, quando non all’odio, alla violenza e
al nichilismo di cui sembrano essere portatori alcuni (forse molti)
esponenti della generazione che segue la nostra. (…)
È difficile
di fronte a queste realtà scoprire qualcosa in cui credere e sperare,
per cui entusiasmarsi e impegnarsi, da condividere con gli altri.
È
difficile per chi – come me – comincia a guardare dietro di sé il
proprio percorso culturale, istituzionale e professionale; è forse ancor
più difficile per chi inizia ora quel percorso.
Eppure, a
pensarci e a guardare bene, nella realtà che ci circonda ci sono (sono
tanti) i valori per cui battersi, che vale la pena di difendere e di
proporre ai giovani – ovviamente con un linguaggio adeguato a loro e ai
tempi – per cercare di evitare la spinta dal vuoto e dalla frustrazione
alla radicalizzazione, al califfato, al nulla. (…)
Sono valori –
l’eguaglianza, la libertà, la solidarietà e la sussidiarietà, la
laicità, il personalismo e il pluralismo sociale, il lavoro, il
pacifismo – che caratterizzano la nostra Costituzione come suoi principi
fondamentali e si inverano in essa, nonostante i suoi limiti, le sue
lacune, le inadempienze nella sua attuazione.
Sono valori che
giustificano il richiamo della Costituzione nella ricerca di un dialogo
con i giovani; un percorso comune di partecipazione, di realizzazione e
di vita in cui coinvolgerli, per contrastare il percorso di rivolta, di
radicalizzazione, di morte in cui altri (complici la Rete e la droga)
cercano di illuderli.
Oggi sono sempre più diffusi e frequenti
l’ignoranza, il disinteresse, la disapplicazione sistematica,
l’aggressione più o meno esplicita alla Costituzione.
Perciò mi
sembra giusto ricordarne l’origine, il contenuto, per sommi capi; gli
autori e il modo con cui essa è stata scritta coralmente e nella
sofferenza; il ruolo che la Costituzione (nonostante i suoi limiti) ha
saputo svolgere nel mantenere libero e unito il nostro Paese nei
difficili settant’anni trascorsi dal 1° gennaio 1948.
Mi sembra
giusto – anche se forse ingenuo (ma qualche volta è necessaria
l’ingenuità, soprattutto per continuare a sperare) – esprimere un elogio
alla Costituzione come cittadino, prima ancora che come uomo impegnato
nello studio e nella pratica del diritto, prestato alle istituzioni per
qualche tempo.
È in realtà un invito e un augurio, rivolto a chi
ci seguirà nel nostro e poi nel suo percorso istituzionale, a far
vivere, attuare e mantenere attuale quella Costituzione almeno per i
prossimi settant’anni.
È un invito a tradurre questo impegno non
nell’immobilismo; o al contrario in un progetto di troppo ambiziose
riforme organiche, destinate al fallimento se non a secondi fini (come
quello di banalizzare e di svuotare la Costituzione dall’interno).
È
un invito a tradurlo in alcuni interventi mirati e responsabili; a
raccogliere e a sviluppare gli spunti positivi (anche se non molti)
maturati nel dialogo e, da ultimo, nel confronto-scontro sulla riforma
della Costituzione che da alcuni decenni, e soprattutto nell’ultimo
tempo, hanno segnato il dibattito politico del nostro Paese.
È
infine una testimonianza doverosa di gratitudine personale a una
Costituzione cui devo molto della mia formazione e della mia educazione
civile.