Il Sole Domenica 22.10.17
Filosofia politica
Marx contro Rawls
di Sebastiano Maffettone
Gerald Allan Cohen, Per l’eguaglianza e la giustizia , L’asino d’oro, Roma, pagg. 520, € 25
Gerald
Allan Cohen, “Jerry” per amici e colleghi, era titolare della
prestigiosa Chichele Chair di Social and Political Theory a Oxford (dove
era succeduto a Isaiah Berlin). Canadese, figlio di immigrati russi,
ebreo e socialista, Cohen era un personaggio anomalo nel panorama della
filosofia politica anglo-americana usualmente dominato dal main stream
liberal. Bene hanno fatto così le edizioni Asino d’oro a pubblicare in
italiano questa sua raccolta di saggi intitolata Per l’eguaglianza e la
giustizia (originale inglese Harvard University Press con il titolo
Rescuing Justice and Equality, ma lo stesso Cohen riconosce che per lui
l’eguaglianza viene prima della giustizia e quindi bene ha avuto ragione
il traduttore a invertire l’ordine delle due parole).
Due sono
state le stelle polari di Cohen, Karl Marx e John Rawls. Su Marx, Cohen
ha scritto un libro importante Karl Marx’s Theory of History, A Defense
(1978). In questo libro, Cohen mostra la validità di alcuni assunti
politici di Marx pur rifiutandone la dialettica di matrice hegeliana.
Interessante in particolare resta la ricostruzione analitica del
materialismo storico, che darà la stura alla nascita di un “marxismo
analitico” che vedrà tra i suoi autori più significativi Roemer e
Elster.
Su Rawls, Cohen ha scritto molto, non lesinando critiche
anche aspre ma riconoscendo il valore straordinario della sua opera. Due
sono gli aspetti della dottrina di Rawls che Cohen critica con maggiore
convinzione e assiduità. Il primo è di sostanza, il secondo di metodo.
Dal punto di vista teorico, Cohen non è d’accordo con il principio di
differenza di Rawls, cioè con il nucleo centrale della sua teoria della
giustizia distributiva. Questo principio è egualitario ma al tempo
stesso lascia ampio spazio all’ineguaglianza. La ragione a favore
dell’ineguaglianza è vista da Rawls, seguendo i dettami dell’economia
classica, nella necessità di offrire incentivi economici a quanti –
essendo dotati di talento - sono in grado di contribuire più della media
al prodotto sociale. Costoro, si ritiene, senza incentivi non si
darebbero da fare più dello stretto necessario. Cohen rifiuta questa
tesi standard. Vede al suo interno una tensione: senza un ethos
egualitario – a parer suo - non si può convintamente difendere
l’eguaglianza politica. La seconda obiezione è, invece, di natura
meta-etica, e riguarda la natura stessa del concetto di giustizia. Da
questo punto di vista, Cohen critica il costruttivismo rawlsiano, che
giudica in qualche modo troppo ambizioso, in nome delle nostre
intuizioni etico-politiche. Volendo ridurre tutto al minimo, si potrebbe
anche dire che la prima critica, quella di sostanza, dipende dal fatto
che Cohen è socialista e non liberale, e la seconda, quella di metodo,
dal fatto che è (accademicamente) inglese e non americano. Quello che è
certo, però, è che ci troviamo di fronte a un libro serio e ben
argomentato, ancorché difficile, che fa riflettere sui destini del
socialismo in un’età di crisi.
Gerald Allan Cohen, Per l’eguaglianza e la giustizia , L’asino d’oro, Roma, pagg. 520, € 25