Il Sole Domenica 22.10.17
Giovanni De Luna
Una storia narrativa del 1946-48
Il
25 aprile 1945, due anni dopo la caduta del fascismo, il Comitato di
liberazione nazionale per l’Alta Italia proclamava l’insurrezione nei
territori ancora occupati dai nazi-fascisti. Il 3 maggio finiva la
guerra. Iniziava così un triennio inquieto, violento, rissoso, in
un’Italia povera, agricola, con trasporti difficili, distrutta (salvo le
strutture industriali principali), con pochi generi alimentari,
afflitta da disastri naturali, con un potere paternalistico, senza senso
dello Stato, divisa in due, occupata dalle forze alleate, spesso
colpevoli di brutalità, dominata da spinte centrifughe.
Il primo
governo, guidato da Parri, dura 172 giorni, deve subire i
condizionamenti degli alleati, gestire episodi di violenza, ma sceglie
la linea continuista, che sarà accentuata dal successivo governo De
Gasperi, che deve gestire la transizione alla Repubblica, tener conto
della pochezza dei Savoia, del ruolo degli uomini del prefascismo, del
qualunquismo, delle difficoltà della proclamazione del nuovo regime. Il 2
giugno 1946 e l’inizio della vita repubblicana costituiscono una
cesura: l’impronta partitocratica viene data dalle tre principali forze
politiche, le difficoltà si susseguono (riparazioni di guerra, contrasti
sul confine italo – jugoslavo, amnistia, malcontento); dopo il 18
aprile, separatismo siciliano, debolezza dello Stato, violenze,
sgretolamento del patto del comitato di liberazione. L’ultima crisi è
quella prodotta dall’attentato a Togliatti, il 14 luglio 1948.
Dedicato
a questo difficile triennio e scandito in due parti, il libro di De
Luna è un bell’esempio di storia narrativa, scritto in maniera vivace,
come un romanzo, ma con una partecipazione trattenuta, che punta sulla
forza evocativa delle testimonianze, delle lettere, dei diari, fa
parlare i verbali del Consigli dei ministri. L’Italia di quel triennio è
vista dal basso, c’è la politica più che le istituzioni, Bartali,
Togliatti e De Gasperi, ma senza quell’alone che la storia e il
passaggio del tempo hanno costruito intorno alle loro figure.
Il
lettore di questo libro si pone tre domande. La prima: perché questi tre
anni e perché fermarsi all’attentato a Togliatti? L’autore spiega, alla
fine, questa scelta. L’attentato a Togliatti segna il termine di un
periodo di violenza politica, l’inizio del miracolo economico e del
benessere.
La seconda domanda: perché, nell’esame di questo
periodo, nel quale opera l’Assemblea costituente ed entra in vigore la
Costituzione, c’è, tuttavia, appena qualche cenno alla Costituzione?
L’autore non spiega questa esclusione, che è tuttavia, grave, perché
così il libro analizza quel che l’Italia è stata nel triennio, non quel
che ci ha lasciato quel triennio. Con la conseguenza di mettere da parte
le idealità, di puntare soltanto sulla dura realtà di quegli anni di
passaggio. E di ripetere, nel brevissimo cenno finale sulla
Costituzione, il “cliché” di un testo frutto del compromesso tra le tre
forze, liberale, cattolica e socialista/comunista.
L’ultima
domanda: perché, ora che sono disponibili tanti archivi, la
ricostruzione è tessuta su tanti dati di fatto, ma senza usare le carte
di archivio nelle quali – come scrisse in un brano autobiografico
Tocqueville – si apre tutta intera la storia di una nazione?
C’è
un passaggio, nelle ultime pagine, che merita di esser citato, perché
rappresenta una lezione per la politica di oggi: «I partiti scelsero
allora di rinunciare a pezzi importanti dei rispettivi impianti
programmatici e ideologici pur di blindare il testo costituzionale».
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Giovanni De Luna, La Repubblica inquieta. L’Italia della Costituzione. 1946 – 1948 , Feltrinelli, Milano,
pagg. 304, € 22
Sabino Cassese