Il Sole Domenica 1.10.17
Pensare in greco senza saperlo
di Armando Massarenti
Mega
biblion, mega k akon («un libro troppo lungo è un grande male», ma
volendo essere più icastici e, è il caso di dirlo, cacofonici, potremmo
anche tradurre «grande libro, grande schifezza», o alla Fantozzi «una
c... pazzesca»; insomma, vedete voi). Così in ogni caso scriveva il
poeta ellenistico Callimaco. Anche se, naturalmente, esistono “grandi
libri” benché ponderosi. Tra questi, i Dizionari, e su tutti forse il
Rocci di Greco-Italiano, che chi (come chi scrive) non ha avuto la
fortuna di fare il liceo classico ma una sorella che lo ha fatto, lo ha
potuto almeno ammirare per casa in quanto autentico e affascinante
gioiello tipogafico. Ingombrante, però; e ovviamente più da consultare
che da “leggere”, anche per chi non disdegna affatto di leggere i
dizionari e le enciclopedie, magari in ordine alfabetico come
l’analfabeta/autodidatta di Sartre. Bene, con il Dizionarietto di greco.
Le parole dei nostri pensieri (in uscita per l’Editrice La Scuola), può
farlo senza tema di annoiarsi. In 250 paginette, questo piccolo grande
libro invoglia alla lettura chiunque abbia la curiosità di scoprire o
ripercorrere la storia della cultura occidentale, risalendo alle radici
semantiche greche da cui praticamente tutto - ogni parola, ogni
concetto, ogni ambito del sapere - è iniziato, almeno per noi. Gli
autori Paolo Cesaretti e Edi Minguzzi ci tengono a precisarlo: il greco è
trattato qui come una lingua viva e vegeta, capace di produrre
significati sempre nuovi, una vera e propria “macchina per pensare”, che
non solo è responsabile dell’intera storia della cultura passata, ma
continua imperterrita a generare cultura nella società attuale, come è
evidente dalla nutrita quantità di neologismi d’ambito scientifico, e
non solo, che popolano il nostro vocabolario. Una selezione di
lemmi-chiave ci accompagna in un percorso affascinante, dove siamo
agevolati da traduzioni, etimologie, box di approfondimento e numerose
citazioni dai testi classici, che troviamo riportate sia in greco sia in
una versione translitterata nell’alfabeto latino per una lettura più
chiara e senza errori. Inutile dire che la filosofia antica la fa da
padrona: sono onnipresenti Platone, Aristotele, Democrito; basti pensare
a lemmi quali Idea, Dialogo, Analisi, Categoria, Atomo. Ma è molto
presente anche la tradizione cristiana, che ha mutuato il suo intero
dizionario dalla cultura e dalla lingua greca. Per non parlare delle
numerose parole che, ispirate a radici semantiche antiche, sono state
composte solo in età moderna da studiosi che evidentemente credevano
molto nel valore delle loro radici. Si pensi alla Nostalgia, il dolore
causato dal desiderio di tornare in patria (nòstos ritorno - àlgos
dolore), che ha reso così affascinante la figura di Odisseo, ma il cui
termine specifico è stato inventato solo nel 1688 dallo studente di
medicina Johannes Hofer. O ancora si pensi alla Gnoseologia (ghnosis
conosco - lògos discorso), il discorso sulla conoscenza, modernamente
“teoria della conoscenza”, il cui lemma fu introdotto nel XVIII secolo
dal filosofo tedesco Baumgarten. In questo dizionarietto, e non è una
cosa da sottovalutare, accanto al significato antico del termine,
ricollocato nei contesti culturali dei vari secoli, si trova anche il
significato attuale della parola. Alcuni esempi possono rendere
giustizia a questo lavoro davvero encomiabile. La parola Crisi, che oggi
ha un valore soprattutto negativo, proviene dal verbo krino,
”discernere”: la crisi dunque, a dar retta all’etimologia, va intesa non
come un ostacolo, bensì come un momento di difficoltà che richiede una
riflessione da investire in un’azione di miglioramento. O, ancora, il
suffisso -logia, presente in innumerevoli parole della nostra lingua
moderna - analogia, antologia, apologia, archeologia - deriva dal
termine Lògos - assai significativo soprattutto nella tradizione
cristiana evangelica di Giovanni - che significa al contempo parola,
ovvero linguaggio, e pensiero in senso lato, ovvero ciò che il
linguaggio esprime: una profondità semantica straordinaria in un solo
termine, che sembra riflettere, a posteriori, l’odierno dibattito sulle
origini del linguaggio. «Conosci te stesso» sentenziava l’oracolo di
Delfi: ebbene, in una società che si chiede ancora se sia opportuno
continuare a studiare il greco, come negare che la conoscenza di questa
lingua sia utile per conoscere noi stessi, le nostre origini, per sapere
chi siamo e soprattutto dove stiamo andando? Dobbiamo coltivare la
memoria, memoria del passato ma soprattutto del futuro. E come non
sentire una profonda nostalgia per il liceo classico, anche se non lo si
è fatto?