sabato 28 ottobre 2017

Il Sole 28.10.17
Dopo l’ok al Rosatellum. Il presidente del Senato: la fiducia una violenza - Di Maio: il Colle non firmi
L’addio di Grasso agita il Pd E il M5S «cavalca» il caso
Renzi lavora al programma elettorale e si appella al «voto utile»
di Emilia Patta

Napoli «Il fatto che il presidente del Senato veda passare una legge elettorale redatta in altra Camera senza poter discutere, senza poter cambiare nemmeno una virgola è stata una sorta di violenza che ho voluto rappresentare». Il giorno dopo l’abbandono del gruppo Pd, il presidente del Senato Pietro Grasso ritorna sul suo disagio di fronte alle 8 fiducie messe dal governo del Pd sul Rosatellum e ribadisce di non riconoscersi «in questo Pd nel metodo e nel merito». La legge elettorale è stata solo l’ultima goccia,ma una goccia pesante. Tant’è che il Movimento 5 stelle salta sulla vicenda Grasso per chiedere ancora una volta al capo dello Stato di non firmare una legge a loro dire incostituzionale (ma Sergio Mattarella ha già fatto sapere che ritiene la legge costituzionale, così come la scelta della fiducia una legittima opzione parlamentare). Ma anche lo strappo istituzionale sul caso Bankitalia è ritenuto «pericoloso» da Grasso. A ben vedere si tratta di due “forzature” - le tante fiducie sul Rosatellum e la vicenda Bankitalia - che vedono critici anche molti esponenti della minoranza del Pd, come Andrea Orlando e Gianni Cuperlo. E non solo.
Perché il caso Grasso domina naturalmente anche al museo ferroviario di Pietrarsa, a Napoli, dove ieri sera si è aperta la tre giorni della conferenza programmatica del Pd che oggi vedrà sul palco il premier Paolo Gentiloni e che domenica sarà chiusa dal segretario Matteo Renzi. Per Orlando, presente a Napoli, «è giusto interrogarsi sulle ragioni di questa scelta». Per Cuperlo «la perdita di Grasso è una sconfitta Per il Pd. E sul caso interviene anche il padre del partito Walter Veltroni, che nota: «Il Patito democratico è stato ideato e costruito per persone come lui. Speriamo di ritrovarci uniti». Dell’addio del presidente del Senato ed ex procuratore nazionale Antimafia si è parlato anche in mattinata a margine del Consiglio dei ministri convocato per la riconferma di Ignazio Visco alla guida di Bankitalia e disertato dai ministri renziani. Un danno di immagine, è la valutazione dei ministri dem, in quanto si tratta «di una figura istituzionale ma anche di un rappresentante politico che ha sempre combattuto la mafia e la corruzione». Insomma in molti pensano che, dopo la “tenda” di Romano Prodi tolta dal Pd, non si può continuare a fare finta di nulla.
Da parte sua Renzi, arrivato a Napoli dalla Sicilia in campagna elettorale, invita i suoi a mantenere un profilo basso. E commenta: «Pieno rispetto per la decisione del presidente del Senato, proprio per il rispetto che si deve alla sua figura istituzionale». Ma è chiaro che il probabile passaggio di una figura come Grasso nel campo dei bersaniani di Mdp (anche se l’interessato per ora frena sul suo futuro politico) preoccupa Largo del Nazareno. «È un’operazione condotta apposta per farci male», dicono i renziani doc presenti a Napoli. Nessuno si lancia in polemiche sulla seconda carica dello Stato, ma la lettura dei renziani doc è che la decisione di Grasso di lasciare il gruppo del Pd e iscriversi al misto è un altro dei tasselli di una manovra che punta a delegittimare l’ex premier dopo il voto il siciliano. E non a caso Renzi, nella sua puntata a Catania di ieri a supporto del candidato sostenuto dal Pd, Fabrizio Micari, ha molto insistito sulla necessità del voto utile per evitare la vittoria della destra. «A forza di scegliere la sinistra radicale e più estrema vince la destra. Il voto utile è il voto più di sinistra che c’è», dice Renzi, Arrivando anche a evocare la «saggezza democristiana»: «A fronte dell’estremismo e del populismo, la saggezza dei vostri padri democristiani, che in Sicilia hanno avuto una grande storia, è importante. Quando c’è una persona saggia e moderata è senz’altro meglio che affidare il voto al buio».
Ma chiaro che la probabile sconfitta di Micari in Sicilia il 5 novembre riaprirà il pressing della sinistra del Pd per cambiare rotta e aprire a sinistra. Campo progressista di Giuliano Pisapia farà la sua convention non a caso dopo il voto siciliano, l’11 novembre, ed è lì che guardano Renzi e i dirigenti dem per un’alleanza nei collegi che tenga ai margini Mdp. Intanto sul palco di Napoli salgono interlocutori come Benedetto Della Vedova (Forza Europa) e Lorenzo Dellai (Centro democratico). Di certo, fatto il Rosatellum ora va fatto il centrosinistra.