il manifesto 8.10.17
La lunga rincorsa di Mussolini antisemita
Storia
contemporanea. Nell’edizione ampliata del suo «Mussolini contro gli
ebrei», da Zamorani, Michele Sarfatti presenta diversi nuovi «episodi».
Già prima del ’38 però...
di Giorgio Fabre
Nel
maggio 1994 Michele Sarfatti pubblicava da Zamorani, editore
specializzato in storia della persecuzione antiebraica, la prima
edizione di Mussolini contro gli ebrei. Renzo De Felice era già malato,
ma ancora attivo e dirigeva la sua rivista, «Storia contemporanea». E
molto incisivo era lo stuolo dei suoi allievi, esponenti
dell’establishment accademico e collaboratori di vari giornali.
Mussolini contro gli ebrei metteva profondamente in crisi, soprattutto
grazie alla precisione e all’incontestabilità della documentazione, le
tesi dello storico del fascismo, in particolare la sua Storia degli
ebrei. Era una svolta in questo campo, anche di metodo. La reazione fu
un silenzio greve sul libro di tutta la potente scuola defeliciana.
L’anno dopo De Felice pubblicò il famoso Rosso e Nero (Baldini e
Castoldi) su Mussolini e il fascismo, ignorando del tutto questo libro.
Si ricorda solo, per converso, una recensione appunto dell’allora nemico
di De Felice, Nicola Tranfaglia, su Repubblica. Ma la vita del libro di
Sarfatti fu assai difficile.
Egli aveva ricostruito con estremo
dettaglio – spesso avendo recuperato carte autografe e lavorando sugli
originali – tutte le prese di posizione e le concrete azioni
persecutorie del capo del fascismo verso gli ebrei nel 1938: compresa
l’elaborazione del Manifesto della razza (l’attribuzione era
praticamente una novità) e la preparazione accurata delle leggi
antisemite.
Dalla ricostruzione emergeva che il duce aveva
condotto di persona un lavoro di una complessità enorme e Sarfatti,
passo passo, lo aveva seguito – per quanto era stato possibile – nelle
sue varie fasi, con documenti originali e interpretazioni assai
innovative. È ovvio che a uno storico come De Felice, che aveva puntato a
dimostrare come nel 1938 Mussolini avesse «discriminato» gli ebrei, più
che «perseguitarli», una ricostruzione del genere potesse dare
fastidio. In un certo senso, Sarfatti agì da «revisionista» nei
confronti dello storico italiano accreditato come il massimo esponente
italico del revisionismo storiografico. Se ne accorse George Mosse, che
fino ad allora sul fascismo italiano aveva seguito in tutto De Felice.
Rapidamente (e morto De Felice nel maggio 1996), Mosse fece uno scarto e
nel ’97 dichiarò che su antisemitismo e razzismo non dava retta «fino
in fondo» allo storico reatino e qualche anno dopo certificò che
riteneva Mussolini «un convinto razzista».
Oggi, a quasi un quarto
di secolo dalla prima uscita, presso lo stesso editore Sarfatti
pubblica una nuova edizione ampliata di Mussolini contro gli ebrei
(Zamorani, euro 28,00), 217 pagine invece di 199 e con un corpo più
piccolo, in cui aggiunge e illustra diversi nuovi episodi
dell’antisemitismo di Mussolini nel 1938: alcuni recuperati e ridiscussi
in base ai nuovi studi pubblicati nel frattempo, altri ricostruiti in
maniera inedita. Chiude il volume un capitolo sul censimento degli ebrei
dell’agosto ’38, che non contiene novità rispetto al ’94.
Il
risultato della seconda edizione è la dimostrazione – ancor più forte di
quanto si sapesse o si potesse intuire – dell’impegno antisemita di
Mussolini: che, come è noto, era un lavoratore indefesso e veloce, ma fu
davvero impressionante per l’attenzione e la cura con cui predispose il
terreno e poi preparò le nuove leggi contro gli ebrei. Rispetto a
vent’anni fa, sappiamo ora che nel 1938 scrisse articoli (in forma
anonima) sulla campagna razzista; allertò con anticipo, un mese prima
del Manifesto, i ministeri che avrebbero dovuto agire; si preoccupò, fin
dal novembre 1937, di avvertire i nazisti della campagna antisemita che
si andava preparando in Italia. Si fece affiancare da alcuni «tecnici»,
i cui ruoli però sono ancora piuttosto opachi; e poi da qualche
politico; ma fu lui a ideare e a guidare tutta l’operazione, con
fermezza e talora perfino con estrema durezza: come oggi si vede bene
dal modo in cui trattò, perfino sbeffeggiandoli, papa Pio XI e la
Chiesa.
Viene da dire, quasi in automatico, che tutta questa
operatività non poteva essere nata come un fungo, tra la fine del ’37 e
quella del ’38. Mussolini agiva in maniera molto diversa da Hitler: era
metodico, aveva tempi lunghi di preparazione e di elaborazione, più
volte sperimentava e talvolta tornava sui suoi passi, come fece anche
nel 1938, quando – a febbraio – preparò il dettaglio dell’azione
razzista con cinque-sei mesi di anticipo. Lo aveva fatto anche in altri
campi: nel fondamentale e delicatissimo terreno corporativo, che
richiese anni di preparazione; o in quello della censura dei libri. È
plausibile, quindi, che la preparazione sia stata molto più lunga, anche
se magari non continuativa, come del resto anche nel 1938.
In
effetti, da altre ricerche è emersa una diversa interpretazione del
periodo che anticipò le leggi contro gli ebrei, una preparazione che
risale più indietro nel tempo rispetto al 1936-’38. Sarfatti ne accenna,
ma concentra la sua analisi sul periodo della persecuzione «pubblica».
Eppure è ormai ampiamente documentato che eliminazioni specifiche di
ebrei da vari posti di responsabilità furono ordinate a partire dal
1933-’34: accadde nei comuni, nelle province, nei sindacati, negli
ospedali, in qualche caso nelle università. Mussolini poté predisporre
con cura, ben soppesando e con altri stop and go prima del fatidico
1938, il terremoto che provocò con le leggi razziste. Non solo ci pensò,
ma eliminò. È una vicenda su cui continua a emergere nuova
documentazione, ma il quadro complessivo di questo «prequel» è chiaro e
ineludibile.
Eppure, anche con questi limiti, il libro di Michele
Sarfatti continua a restare un piccolo capolavoro della storiografia del
Novecento, in una materia difficile e ancora controversa come quella
delle leggi razziali. Oggi, questo campo storiografico è diventato un
campo di battaglia, soprattutto per le lotte e per le carriere
accademiche, e la qualità della ricerca è andata in caduta libera. È
naturale che quel libro sia ancora, per molti aspetti, un modello.