Corriere La Lettura 8.10.17
1968
«Noi siamo esseri umani!» Così parlò Mario Savio, nel 1964
di Emanuele Trevi
«Inceppate
l’ingranaggio. Mettetevi di traverso con il vostro corpo. Noi siamo
esseri umani». Il 2 dicembre del 1964 è una data miliare nella storia
dell’oratoria umana. Alto e magro, la testa coronata da un folto
cespuglio di capelli, Mario Savio prende la parola sulla gradinata della
Sproul Hall, nel centro del campus di Berkeley. Pochi giorni dopo,
avrebbe compiuto ventidue anni. Era figlio di modesti immigrati
siciliani, arrivati a New York dalla provincia di Caltanissetta.
Gli
anni Sessanta del Novecento sono una galleria di icone talmente
risapute che si sfiora sempre, nell’atto di rispolverarle,
l’insignificanza. Ma a risentirlo oggi, magari all’interno del
bellissimo documentario di Mark Kitchell intitolato Berkeley in the
Sixties , il discorso di Mario Savio mette i brividi. Proprio la
questione della libertà di parola era stata al centro delle
contestazioni che per tutto l’anno avevano infiammato il campus. Ma una
cosa sono le rivendicazioni politiche del Free Speech Movement,
necessariamente astratte come tutto ciò che deve essere valido per
tutti, e in ogni momento; un’altra è l’uso che il singolo individuo, in
una determinata circostanza, fa della libertà che si è presa.
Non
era, quello del 2 dicembre, il primo discorso pubblico di Savio. Pochi
mesi prima, era salito su una macchina della polizia per arringare la
folla, non prima di essersi tolto le scarpe per non danneggiare una
proprietà pubblica. Ma per capire cosa accadde quella mattina, bisogna
ricorrere al vecchio concetto di ispirazione. Come un «crescendo»
musicale, il discorso attinge per gradi al suo massimo di intensità.
Inizia in maniera ragionevole, e poi, quando è il momento, e solo
allora, mette la rabbia al servizio dell’efficacia. Così quel celebre
culmine oratorio — « We’re human beings! » — arrivò al momento giusto.
Credo che le idee politiche abbiano bisogno di uno stile non meno della
poesia, della pittura, della sartoria. E, se lo stile è l’uomo, è
sensato credere che quel ragazzo fu la scintilla necessaria a un
incendio che nemmeno lui poteva immaginarsi. Tutto quello che venne
dopo, in qualche misterioso modo, gli assomigliò.