Corriere La Lettura 8.10.17
1968
La rivoluzione e la leggerezza Due dimensioni incompatibili
di Paolo Di Stefano
Tanto
Vogliamo tutto di Nanni Balestrini è un romanzo politico, tanto Le
pietre verbali di Maria Corti è un romanzo semiotico, quanto quello di
Romano Luperini L’uso della vita (Transeuropa, 2013) è invece un romanzo
sentimentale. Forse l’unico vero romanzo storico sul Sessantotto, ma
soprattutto un breve romanzo di formazione sentimentale dentro la
politica, anche un romanzo di amicizie, ambientato tra il febbraio 1968 e
il gennaio 1969, a Pisa, epicentro della contestazione non solo in
Italia, ma in Europa.
«Bisogna essere leggeri come l’uccello e non
come la piuma» sono i versi di Paul Valéry che stanno in epigrafe e
questa è pure l’immagine con cui si chiude il libro: la piuma scompare
allo sguardo di Marcello, il protagonista, proprio mentre entra nella
sua visuale un passero dalla traiettoria dritta ed elegante. La sua
leggerezza, dice il narratore, non è come quella della piuma, va
conquistata e forse non basta un vita intera.
L’uso della vita
immerge una vicenda di finzione privata nel contesto storico ben
documentato, dove compaiono Sofri, Fortini, D’Alema, Della Mea, le
occupazioni, l’università, le discussioni, le fabbriche, gli slogan, i
cortei, i canti, gli scontri, la polizia. In questa mescolanza di verità
e invenzione, la dimensione pubblica convive con quella privata, la
lotta politica convive con le crisi esistenziali, familiari,
generazionali: «Le rivoluzioni — dice il padre ex partigiano a Marcello —
sono una tragedia, la mia generazione l’ha fatta contro i fascisti e i
tedeschi, ed è stata una tragedia, ogni guerra civile è una tragedia, e
noi l’abbiamo fatta senza tante parole…».
Nei figli, invece, era
ancora viva l’illusione che l’energia rivoluzionaria, covando nel grembo
dell’immaginazione liberatoria, si facesse autentica felicità
collettiva. Nella narrazione non c’è senno di poi, come precisa Romano
Luperini nella nota finale, ma nei piccoli fallimenti individuali e
amorosi, nelle intermittenti incertezze del protagonista tra rabbia e
frustrazione si avverte il presentimento del peggio. Cioè del passaggio
brusco dalla leggerezza iniziale alla pesantezza tragica che verrà.