domenica 8 ottobre 2017

Corriere La Lettura 8.10.17
1968
Simon preferiva il canottaggio ma finì a prendere manganellate
di Francesco Piccoli

È il punto di partenza della storia di Fragole e sangue di Stuart Hagmann (1970) che mi ha fatto identificare con Simon, protagonista biondo e occhialuto (e un po’ brutto): lui pratica il canottaggio e delle lotte studentesche non gliene frega niente. Nemmeno del fatto che una parte dei terreni dell’università stanno per essere ceduti alle forze armate come campi di addestramento. Però il suo compagno di stanza lo convince a partecipare all’occupazione perché ci sono molte ragazze carine. Questa è la motivazione che convince Simon, che si innamorerà di una ragazza e si innamorerà della causa fino alla commovente scena finale in cui tutti gli studenti sono in cerchio all’interno dell’università, mentre genitori e professori, lì fuori, vedono arrivare la polizia armata e pronta a entrare.
E i ragazzi invece di opporre resistenza battono il tempo sul parquet della palestra e intonano in coro Give Peace a Chance , come un mantra che oppone la forza del progresso e della libertà alla forza della repressione. La polizia però entra e scarica lacrimogeni e manganellate. Simon e gli altri vengono picchiati e trascinati fuori, e Simon mostrerà forza e coraggio nel resistere, fino al tuffo finale, liberatorio e strepitoso, per andare a salvare la sua ragazza.
Fragole e sangue è il film simbolo di quegli anni proprio perché in meno di due ore riesce a raccontare mirabilmente il coinvolgimento di qualsiasi giovane disimpegnato nell’appartenenza alla propria generazione. È un film pieno di musica indimenticabile, un po’ sconclusionato ma ancora potente.
Quando finisce, bisogna concentrarsi molto per ricordarsi di non essere più studenti, di non essere più giovani, di non avere più la forza di opporsi ai manganelli. E il massimo a cui si può aspirare è essere uno di quei genitori trepidanti aggrappati alla rete di protezione, che sperano soprattutto che la ragione sacrosanta dei figli non sia troppo in opposizione con la repressione. E in ogni caso, per quanti sforzi si facciano, non si è più protagonisti, ma spettatori. Appassionati e commossi, desiderosi di cambiare il mondo. Ma solo spettatori.