il manifesto 7.10.17
Il bluff di Orlando trascina il «suo Micari» e il Pd nel caos
Elezioni
regionali in Sicilia. Il sindaco del «modello Palermo» sparisce dalla
scena. La «lista dei civici» non trova i candidati. Renzi costretto a
chiedere ancora aiuto a Crocetta: i sui candidati nella lista del
presidente
di Alfredo Marsala
Da «statista»
incompreso, come si autodefinisce rispetto ai tanti «politicanti»,
sempre sua la definizione, a desaparecido. Da domus a soggetto perfetto
di Chi l’ha visto?, la metamorfosi del professore, che dove passa lascia
macerie politiche – dalla Rete a Idv è storia – è impietosa. La sua
lista, che avrebbe dovuto imbarcare la truppa di amministratori pronti a
sfidare i partiti nel nome del ‘civismo’ trainando Fabrizio Micari alla
vittoria elettorale in Sicilia, si è rivelata un grande bluff. Il suo
progetto s’è liquefatto, trascinando nel caos la coalizione di
centrosinistra. Se la lista «Arcipelago Sicilia», che porta stampato il
nome di Micari e che doveva essere l’avamposto degli orlandiani, è
rimasta in vita lo si deve a Rosario Crocetta.
Il governatore, che
aveva fatto un passo indietro qualche mese fa rinunciando alla
candidatura per salvare il Pd, ancora una volta è venuto in soccorso del
suo partito, accettando di non presentare la lista «il Megafono» e di
trasferire i suoi uomini in Arcipelago Sicilia, creando i presupposti
perché la compagine superi lo sbarramento del 5% essenziale per
l’accesso all’Assemblea siciliana. È stato Renzi in persona, confermano
fonti dem, a chiamarlo e a chiedergli l’ulteriore sacrificio. Dopo avere
appreso della «fuga» di Orlando, al segretario dem non è rimasto che
rivolgersi ancora una volta al governatore uscente, al quale aveva
riconosciuto la sua lealtà aprendo la strada al Megafono per le
regionali e per le politiche di primavera.
Per Crocetta è stato un
altro passo doloroso rinunciare alla lista del Megafono anche perché
mentre Renzi confidava nella lealtà del governatore al partito, i
renziani di Sicilia giocavano una partita opposta al tavolo delle
trattative, tentando fino all’ultimo di far saltare l’intesa per non
riconoscere il ruolo del presidente della Regione. Ma alla fine il
tavolo ha tenuto, grazie anche alla mediazione, faticosa, di Fausto
Raciti che ha tenuto testa ai falchi: il segretario del Pd siciliano s’è
battuto con Crocetta per evitare che la nave affondasse; nonostante i
renziani e nonostante lo stesso Micari, che avrebbe preferito avere solo
i voti di Crocetta e non i suoi uomini dentro alla lista in nome di
quella ipocrita «discontinuità» fatta mantra da Leoluca Orlando, per
mero pregiudizio politico. E invece, Crocetta è capolista di Arcipelago
Sicilia-Micari a Messina, mentre a Palermo a guidare la lista è Valeria
Grasso, l’imprenditrice antiracket, vicina al governatore.
Che si
tratti di un flop clamoroso per Orlando lo dicono i numeri: su 56
candidati nelle liste Micari in Sicilia, 36 provengono dal Megafono di
Crocetta, 11 dal Pd e appena 9 gli orlandiani. Chi ha seguito la
trattativa fiume nella sede del Pd, durata oltre 48 ore di fila,
racconta di un foglietto consegnato da Fabio Giambrone, braccio destro
di Orlando, con 19 nomi per tutta la Sicilia, 5 dei quali certi e gli
altri in dubbio. «Orlando è scappato», commentava amaro un dirigente
dem.
È stato comunque lui il grande protagonista di una partita
cominciata male e finita peggio. Prima s’è inventato il «modello
Palermo» col finto «civismo» per nascondere personaggi provenienti dalla
destra, poi ha imposto Fabrizio Micari agli alleati, quindi ha finto di
non sapere dell’alleanza con Alfano che invece incontrava in gran
segreto tra gli ulivi di Selinunte, facendo fuggire a gambe levate i
bersaniani e Si. Il finale è stato tragicomico: Orlando non pervenuto,
Raciti e Crocetta alla ricerca di una soluzione in extremis con Renzi in
spasmodica attesa, i renziani di Sicilia a giocare a fotti compagno,
Alfano e Casini anche loro non pervenuti e Micari in giro a rilanciare
il progetto del Ponte sullo Stretto. Un disastro. C’è voluta tutta
l’arte della mediazione per trovare la quadra finale, che smaschera
Orlando e ridimensiona le ambizioni già velleitarie di Micari, dato per
terzo da tutti i sondaggi.
La tensione durante la trattativa è
stata altissima, con un violento faccia a faccia tra Crocetta e il
renziano Davide Faraone, che ieri ha delegato il gioco sporco dei nomi a
Giuseppe Bruno, presidente dell’assemblea del Pd, e a Carmelo Miceli,
segretario dem a Palermo. Alla fine, Micari perde tre liste: Megafono,
Next e Sinistra siciliana, i cui candidati passano ad Arcipelago
Sicilia. L’analisi di Crocetta, a conclusione di una giornata al
cardiopalma, non fa una piega: «Quando si mette davanti l’io e l’ego e
il progetto viene passato in seconda fila si è individualisti e non si è
un leader». «Un leader – argomenta il governatore – prima di pensare a
se stesso pensa agli altri, ed è quello che ho fatto». Qualche sassolino
dalle scarpe se lo toglie. «Le vittorie hanno sempre tanti padri, le
sconfitte invece sono orfane – aggiunge – Io penso di avere fatto un
lavoro di squadra nell’interesse del centrosinistra assieme al Pd, con
senso di responsabilità. I cittadini sapranno giudicare chi in questa
vicenda è stato leale e responsabile e chi invece scappa, è sleale e
irresponsabile».