il manifesto 6.10.17
La terra di Bergoglio. Un messaggio contro la ubris del dominio sulla natura e sugli altri
di Guido Viale
Per
Francesco la terra è innanzitutto il campo: la sede in cui si svolge e
da cui dipende la vita di quei contadini di quei braccianti che, insieme
ai recuperatori di rifiuti e di strutture abbandonate, costituiscono la
base sociale principale dei movimenti popolari.
Quei movimenti
radunati dal papa per offrire loro una sede dove coordinarsi, definire i
propri obiettivi, far sentire la propria voce. A loro sono infatti
rivolti tre dei principali discorsi che hanno caratterizzato la svolta
che Francesco ha cercato di imprimere al ruolo della chiesa con il suo
pontificato. Ma campo è inseparabile dal lavoro che lo rende fertile; e
lavoro è un diritto di tutti, che va rivendicato con forza ed a cui va
restituita la dignità negata dallo sfruttamento di un sistema fondato
sul dominio incontrastato del dio denaro. Ed è inseparabile anche da
tetto, il diritto a una casa, che fin dal suo primo discorso rivolto ai
movimenti popolari Francesco declina nel senso di comunità, di vicinato,
mutuo aiuto: il “fuori” senza il quale il “dentro” della casa si
risolve in una prigione.
Ma Terra – questa volta con la maiuscola –
è anche il pianeta in cui si svolge e da cui dipende la vita di noi
tutti: un ambiente indissolubilmente trasformato dallo sviluppo storico,
dalle opere, dai manufatti e dalle produzioni in cui si è concretizzata
l’attività del genere umano, che è anche e soprattutto lavoro; come è
inseparabile dal concetto di dimora: il luogo in cui le facoltà umane di
ciascuno si possono sviluppare attraverso la convivenza e
l’interscambio con il territorio e gli altri esseri umani che lo
abitano.
In questa connessione tra il locale e il globale, tra il
mondo del vissuto quotidiano e le prospettive dello sviluppo storico,
tra il comportamento di ciascuno – analizzato fin nei minimi e
apparentemente insignificanti particolari – e le scelte politiche da cui
dipende il futuro dell’umanità e del pianeta sta la grandezza del
pensiero di Francesco, che non ha eguali in nessuno dei leader politici e
del personale di governo che oggi opprimono la popolazione del pianeta.
Francesco
è un papa: si ritiene, e viene da molti considerato, il vicario di dio
in terra; il suo pensiero è indissolubilmente legato al suo ruolo; e non
potrebbe essere altrimenti. Per lui la Terra è parte del “creato”. Ma
anche così, o proprio per questo, la Terra assume nel suo pensiero una
propria autonomia e, attraverso i suoi cicli e i suoi equilibri, un
ruolo regolativo nel definire che cosa è lecito e che cosa non è lecito
nei comportamenti umani: non si può distruggere o sottrarre agli esseri
umani campo, lavoro e tetto, ossia un ambiente sano, la possibilità di
agire nella storia e le condizioni di una convivenza fondata sulla
giustizia – che certo non esclude, ma anzi impone, il conflitto, e su
questo Francesco è perentorio – senza far venir meno le possibilità di
sopravvivenza per tutto il genere umano.
L’essere umano è per lui
parte della Terra; non può contrapporsi più di tanto ai meccanismi che
ne regolano cicli ed equilibri e ad essi si deve conformare. Non,
quindi, la ubris del dominio sulla natura e sugli altri esseri, come per
secoli è stato interpretato il messaggio biblico, bensì una consonanza
con essi che fa del genere umano il custode, o uno dei custodi del,
creato. Sono sanciti così sia l’abbandono di una concezione
antropocentrica, prevalsa soprattutto con l’avvento dell’era moderna,
sia l’adesione alla visione propria di quell’ecologia profonda che sta
affermandosi, pur con grandi difficoltà, in molti campi della cultura e
in gran parte dei movimenti autorganizzati del nostro tempo: una visione
che Francesco abbraccia senza remore nell’enciclica Laudato sì.
È
solo così, infatti, che si può riportare il lavoro, insieme alle sue
finalità, ai suoi prodotti, ai suoi effetti sull’ambiente e sugli esseri
umani, entro i limiti della sostenibilità, restituendo agli emarginati
della Terra dignità e qualità della vita. Perché le vittime
dell’aggressione alle risorse del pianeta sono soprattutto i poveri e
sono loro, per forza di cose, quelli maggiormente interessati alla
salvaguardia e al risanamento di tutto l’ambiente in cui vivono: dal
“campo” al pianeta Terra; dall’aria che respiriamo e dal cibo che
mangiamo – o che vorremmo mangiare – agli equilibri climatici globali.
Per questo la giustizia sociale non è perseguibile al di fuori della
giustizia ambientale, del rispetto della Terra, della salvaguardia dei
suoi cicli e di tutto il vivente.
È in questo contesto che si
situa l’impegno di Francesco a favore dell’accoglienza e dell’inclusione
di tutti i migranti, che considera la conseguenza più evidente degli
squilibri ambientali e sociali del mondo d’oggi: quelli che costringono
milioni di esseri umani a fuggire da paesi che al momento, e forse per
un lungo periodo, e forse anche per sempre, non danno loro più alcun
accesso a un campo, a un tetto e a un lavoro, spingendoli a cercare
queste cose in paesi lontani e sempre più ostili.
È un impegno non
privo di ondeggiamenti e contraddizioni, come quelli testimoniati dagli
scarti tra il discorso di Francesco in vista della giornata mondiale
del migrante del 2018, e quel “primo, quanti posti ho?” pronunciato in
aereo, di ritorno dall’America Latina, che ha dato modo a una parte
della gerarchia ecclesiastica di fornire un assist immediato agli
obbrobriosi respingimenti del ministro Minniti; per poi contraddirsi
ancora nell’invito ad accogliere tutti i migranti “a braccia aperte”;
aperte come il colonnato di san Pietro: quello sotto cui Francesco aveva
invitato a trovar rifugio i senzatetto di Roma prima che le gerarchie
vaticane li cacciassero di nuovo per non turbarne il decoro. Sono segni
evidenti del fatto che quando dalle enunciazioni di principio si scende
ai fatti, si aprono conflitti a tutto campo che non risparmiano nessuno,
costringendo a continui ondeggiamenti.
Ma l’approccio che unisce
giustizia sociale a giustizia ambientale resta comunque il tema di fondo
che attraversa e domina tutta l’enciclica Laudato sì: un testo che
riposiziona radicalmente le priorità e le prospettive della politica,
della cultura e dell’agire quotidiano. Per i cattolici, nel solco di una
continuità, che Francesco rivendica, con encicliche di precedenti
pontefici; per i non credenti, in piena sintonia sia con il pensiero
ecologista più radicale sia con le culture indigene, soprattutto quelle
dell’America Latina, che hanno giocato un ruolo fondamentale in questa
elaborazione.
La pubblicazione, per iniziativa del manifesto, di
questo libro – che contiene, oltre ad alcune note di commento e di
contestualizzazione, il testo integrale dei tre discorsi che Francesco
ha rivolto al mondo in occasione degli incontri mondiali con i movimenti
popolari – è anch’esso il segno di una volontà di rinnovare il proprio
repertorio politico attingendo a fonti ed ambiti fino a pochi anni fa
quasi impensabili.