il manifesto 3.10.17
Patriottismo e saluti fascisti, ritorno al passato con l’ultra destra
Nazionalismo.
Bandiere con l’aquila di San Juan, l’inno falangista «Cara al Sol» e
perfino quello della Legione che combatté al fianco dei nazisti:
riesumati i vecchi simboli
di Guido Caldiron
Se
nello scontro con i catalani il governo spagnolo intendeva cercare
consenso attraverso un bagno di folla, non deve essere rimasto
particolarmente soddisfatto. Perché dalle manifestazioni organizzate
giusto alla vigilia del tanto contestato voto per l’indipendenza di
Barcellona, sono uscite piuttosto, e con una sinistra enfasi, tutte le
ombre che ancora gravano sul nazionalismo spagnolo. Di oppositori, la
strada intrapresa dalla Generalitat de Catalunya, sembra contarne molti
nell’intero paese, ma quelli che hanno deciso di metterci la faccia non
sembrano né i più presentabili né quelli meglio intenzonati. Le immagini
delle piazze contro il referendum raccontano infatti soprattutto di una
destra che fatica a scrollarsi di dosso i pesanti fantasmi del passato.
Così
a Madrid, dove la partecipazione è stata più consistente, secondo
alcune fonti fino a 10mila persone si sono notate molte bandiere
«pre-costituzionali», come in Spagna sono definiti i simboli che si
rifanno al regime franchista.
Nella piazza di Cibeles, di fronte
al municipio madrileno, la folla ha scandito slogan contro gli
indipendentisti catalani ma anche contro il presunto immobilismo del
premier Mariano Rajoy.
Altri, sventolando le bandiere con l’aquila
di San Juan, simbolo della dittatura rimosso dopo il 1975, si sono
spinti fino a intonare Cara al Sol, l’inno falangista, e perfino quello
della Legione che combatté al fianco dei nazisti. Tra i simboli del
passato e i cori di «Viva España», «Puigdemont in prigione» e «Viva la
Guardia Civil», a un certo punto ha fatto la sua comparsa anche
Esperanza Aguirre, la ex presidente della regione di Madrid e figura di
rilievo del Partido Popular locale.
Perché, per quanto lanciato
dalla Fondazione Denaes, per la Difesa della Nazione Spagnola, una sigla
dietro cui si celano diverse componenti dell’estrema destra iberica,
l’appello alle piazze nazionaliste contro i progetti di secessione
rimanda a un’immaginario che contraddistingue anche lo stesso partito di
governo. La linea dura esibita oggi da Rajoy si inserisce in questo
senso in continuità con quella del suo mentore Aznar che oltre vent’anni
fa aveva immaginato di liquidare le diverse spinte indipendentiste con
un rilancio del nazionalismo spagnolo. Il tutto alimentando, come ha
continuato a fare Rajoy, una notevole ambiguità del proprio partito
rispetto al passato franchista, con esponenti di primo piano del Pp che
ancora siedono nella Fundación Francisco Franco che gestisce la
«memoria» ufficiale del dittatore e diversi eletti locali che si
oppongono, a partire dalla Galizia da cui proviene lo stesso premier,
alla rimozione dei monumenti e della toponomastica ancora ispirati alla
dittatura.
Il ritorno della retorica patriottica ha però favorito
anche l’attivismo della destra radicale, priva di energie anche per
questa evidente concorrenza da parte del Pp, che ha fatto da tempo della
lotta ai movimenti indipendentisti una delle proprie principali
caratteristiche.
Così, se nella manifestazione di Madrid la
componente dell’elettorato del Pp, per lo più famiglie e persone di
mezza età, costeggiava i giovani radicali di destra, altrove gli
estremisti erano ancora più visibili. Come nella stessa Barcellona dove
all’appello di Denaes, il cui portavoce Santiago Abascal è anche
presidente del partito ultranazionalista Vox (che nelle elezioni
amministrative del 2015 ha eletto una ventina di consiglieri comunali
tra Ceuta, Madrid e i piccoli centri della Castiglia e negli ultimi 40
giorni ha guadagnato un 20% di affiliati), hanno risposto anche i
neofalangisti di España 2000 e i neonazisti di Democracia Nacional.