il manifesto 31.10.17
Le finte aperture di Renzi cadono nel vuoto, ma a sinistra si litiga su Grasso
Elezioni&alleanze.
Dai civici la gelata sull’ex magistrato che piace a Mdp e Sinistra
italiana: ottima persona, ma non è una scelta dal basso
di d.p.
Per
fortuna le elezioni siciliane impongono la moviola alle discussioni
della sinistra in vista di una possibile – ma difficile – lista unitaria
per le politiche. Così, al ralenti, i potenziali scontri restano allo
stadio gassoso di divergenze, in attesa che il risultato di Claudio Fava
– i sondaggi su di lui sono lusinghieri – dia il via ufficiale alle
trattative per l’avvicinamento politico-elettorale di Mdp, Sinistra
italiana, Possibile e autoconvocati del Brancaccio.
IN QUESTO
FRONTE le finte disponibilità di Renzi da Napoli («Non metto veti nei
confronti di nessuno») cadono nel vuoto. «Non vedo le condizioni per
un’alleanza col Pd », liquida il presidente della Toscana Rossi, «ormai è
un partito di centro che guarda a destra». È la posizione di Mdp di
sempre, nonostante qualche recente mossa tattica di Speranza e Bersani.
RENZI
IERI È PARTITO per Chicago per intervenire all’Obama Foundation summit.
A lavorare al dossier alleanze è il vicesegretario dem Maurizio
Martina. Che annuncia: «Nei prossimi giorni invieremo a tutte le forze
che vogliono confrontarsi con noi, al centro e a sinistra, il documento
programmatico uscito da Napoli. Pronti al confronto per una nuova
coalizione». Il Pd, non solo la parte renziana, vagheggia una spaccatura
di Mdp fra dialoganti e non. «Dopo la Sicilia tanti elettori
inizieranno a dire ai dirigenti di Mdp che è necessaria l’alleanza e
bisognerà vedere se riusciranno a reggere questa linea dura. O a
reggerla senza spaccarsi», spiega un dirigente vicino al segretario. Ma
anche la minoranza orlandiana la pensa in maniera non dissimile: «Anche
se sono ossessionati da Renzi l’accordo lo devono fare con il Pd, che è
una cosa complessa, come è complessa Mdp», ragiona il ministro della
Giustizia. Intanto però ieri si è rotto anche il tavolo delle regionali
lombarde: Art.1 era possibilista sull’alleanza, ma il Pd ha voluto
decidersi in solitaria la candidatura di Giorgio Gori, sindaco di
Bergamo. Senza primarie.
ALLE POLITICHE IN OGNI caso il Pd si è
assicurato la sua lista ’amica’ e alleata alla sua sinistra: farà
riferimento all’area del sindaco di Cagliari Zedda, conta un pugno di
senatori ex Sel e qualche sindaco, e proverà a fare incetta dal Campo
progressista di Pisapia (magari utilizzando un nome simile).
L’AREA
DI PISAPIA a sua volta intanto prende le misure con i Radicali italiani
di Emma Bonino, che per il momento hanno respinto le offerte di
alleanza del Pd. Ieri Marco Furfaro (Cp) è intervenuto al loro
congresso, su cui aleggia il fantasma di un listone europeista e per i
diritti: «Servono battaglie e proposte concrete, come quelle in cui ci
siamo ritrovati in questi mesi: ius soli, riconversione ecologica
dell’economia, abolizione della Bossi-Fini, legalizzazione delle droghe
leggere, reddito minimo per chi sta sotto la soglia di povertà, partiamo
da lì».
INFINE C’È LA SINISTRA-SINISTRA, quella che dopo essersi
liberata dalle ’ambiguità’ di Pisapia era – assicurava – pronta alla
lista unitaria. E invece no. Da questa parte dopo i giorni
dell’entusiasmo per l’addio al Pd del presidente del senato Grasso,
arriva la gelata del professore Montanari. Che ieri su Huffington Post,
rispondendo all’entusiasmo di Nichi Vendola (ha definito Grasso «per noi
un programma politico vivente») butta sul tavolo la sua perplessità.
Non sulla persona, ma sul metodo con cui si discute di leader veri o
presunti: «Smentendo ogni logica di scelta dal basso». Conclusione: «È
proprio imboccando queste scorciatoie che la politica dei politici si
trasforma in gioco di prestigio indifferente alla realtà del mondo. Ed è
allora che il mondo, giustamente, le volta le spalle».