il manifesto 3.10.17
I costituzionalisti contro Rosatellum e sistema attuale
Legge
elettorale. Ieri l'assemblea del coordinamento per la democrazia
costituzionale ha chiesto un sistema finalmente legittimo e ha bocciato
la nuova proposta di riforma che comincia oggi il suo percorso alla
camera. Dove però prevale lo scetticismo per via dei tenti voti segreti.
Resta il problema delle due leggi oggi in vigore
di Andrea Fabozzi
Il
Rosatellum-bis, l’ultima versione di legge elettorale proposta dal Pd e
appoggiata da Forza Italia, Lega e centristi, comincia questa mattina
il suo percorso in commissione alla camera circondata dallo scetticismo.
Tant’è che l’assemblea del coordinamento per la democrazia
costituzionale che si è riunita ieri a Roma, e che tiene assieme i
comitati che hanno vinto contro la riforma costituzionale – nel
referendum – e contro l’Italicum – in Corte costituzionale – ha espresso
preoccupazione per la delicatezza del passaggio. Preoccupazione, cioè,
che proprio quando nessuno se lo aspetta (più), il parlamento possa
riuscire a superare trappole e voti segreti e ad approvare una legge
elettorale anche peggiore, si sostiene, delle precedenti e naufragate
proposte. È difficile.
Difficile perché anche tra i partiti che
sostengono questo sistema che rovescia le percentuali del Mattarellum
tra seggi assegnati nei collegi uninominali (adesso il 63%) e nel
proporzionale con le liste bloccate (37%), ma vieta il voto disgiunto,
non si contano le prese di distanza. Non ufficiali e legate a
convenienze più che a convinzioni (è evidentemente una legge che
favorisce Berlusconi e la Lega), dunque fatte apposta per venire fuori
nei voti segreti. Che in aula alla camera saranno la maggioranza. Oggi
comincia l’esame degli emendamenti in commissione, ma il momento della
verità arriverà a partire dalla prossima settimana, quando la proposta
passerà all’assemblea. I partiti apertamente contrari – M5S, Mdp,
Sinistra italiana – hanno presentato in commissione e confermeranno in
aula emendamenti studiati per un appoggio trasversale, dal ritorno delle
preferenze al voto disgiunto, dall’abolizione delle pluricandidature al
rafforzamento delle coalizioni.
Nell’assemblea di ieri, i
professori Zagrebelsky, Villone, Pace, Carlassare, Calvano hanno a lungo
spiegato perché il Rosatellum-bis potrebbe essere un’altra legge
incostituzionale (la terza di seguito, nel caso). Insistendo molto
sull’eccesso di parlamentari «nominati» dai capi partito grazie alle
liste bloccate e alle pluricandidature. Fino all’80% di «nominati»,
secondo i calcoli del senatore Fornaro di Mdp. Mentre l’avvocato
Besostri, al termine di un incontro tra gli avvocati che hanno portato
in Corte costituzionale l’Italicum, ha detto che si possono ancora
sottoporre alla Consulta sia l’attuale disomogeneità tra i sistemi
elettorali di camera e senato che alcune norme che il Rosatellum-bis
eredita dall’Italicum, addirittura prima delle prossime elezioni
politiche. Pare un azzardo, intanto tra la metà e la fine di ottobre
quattro tribunali dovrebbero decidere se accogliere o meno i ricorsi e
dunque i sospetti di incostituzionalità.
L’assemblea del
coordinamento ha ribadito la richiesta – già avanzata con una petizione
popolare presentata in parlamento – di una legge elettorale finalmente
costituzionale. Ma il problema, a ridosso della fine della legislatura,
resta. Perché se pure si riuscirà a fermare il Rosatellum-bis (e il
documento finale approvato ieri contiene un appello alla mobilitazione
dei cittadini, anche se a questo punto è più agevole confidare nei
franchi tiratori) resterà in piedi il sistema disomogeneo tra camera e
senato che viene fuori dalle due sentenze della Corte su Porcellum e
Italicum. Come dire che scansata la brace resta la padella.
In
conclusione, nel documento dell’assemblea sono entrati alcuni punti
propositivi – si chiede una legge senza premi di maggioranza, senza
capilista bloccati e pluricandidature, a impianto «sostanzialmente
proporzionale». Qualcosa in meno delle proposte avanzate nel dibattito
da Pertici, che immagina sette correzioni all’impianto attuale (niente
premio alla camera, niente coalizioni al senato, un’unica soglia al 4%,
via i capilista bloccati e le pluricandidature, preferenze di genere e
collegi più piccoli al senato). O da Azzariti, che più prudentemente si
limita a proporre il minimo indispensabile: l’allargamento anche al
senato dell’Italicum senza il premio di maggioranza.