martedì 3 ottobre 2017

Il Fatto 3.10.17
L’allenatore e la bambina: la violenza non è “amore”
Con la scusa del volley - Lui ha 66 anni, lei ne ha 12. Dopo l’arresto si giustifica: “Non potete capire, era in cerca di affetto”. E sui social trova chi lo sostiene
di Selvaggia Lucarelli

“Come potevo non essere tranquilla sapendo che mia figlia andava in palestra?”. È questa la domanda che toglie il sonno e il respiro a L., una mamma della Valdinievole, che il 13 settembre ha avuto la conferma dei suoi dubbi più spaventosi: la sua bambina di 12 anni aveva una storia con l’allenatore di volley, 66 anni. Anzi, “una relazione sessuale sfociata nella consumazione di rapporti sessuali”, secondo la questura. Che poi, con il rispetto dovuto a chi ha condotto le indagini, è un modo per edulcorare una verità che fa male a questa mamma, soprattutto, ma fa male anche a tutti noi che affidiamo i nostri figli a ragazzi e uomini che non hanno solo un fischietto e una tuta da ginnastica. Hanno la nostra fiducia. E poi ascendente, fascino, carisma, per i nostri bambini.
“Voi non potete capire, era in cerca di affetto”, si è giustificato lui, dopo l’arresto. Come a dire che altrove lei non ne riceveva abbastanza. Come a voler mascherare le sue pulsioni per una bambina da atto misericordioso. Della serie: in casa sono freddi, io le dono affetto abbassandole le mutandine. “Sui giornali è stato lasciato spazio alle affermazioni di un pedofilo che parla di una ‘relazione’ e di ‘amore’ con una bimba che di anni ne ha 12 e che li ha compiuti da qualche mese. Prima erano solo 11. Come si fa?”, si domanda legittimamente sua mamma, continuando a ripetere che per lei e suo marito l’allenatore era una persona di fiducia. Al punto che, quando hanno notato che la bimba e il suo allenatore mantenevano una corrispondenza fuori dalla palestra, non è scattato alcun allarme. Poi, col tempo, la bambina ha iniziato a diventare più ombrosa. A litigare, a chiudersi.
L. si è allora rivolta a una psicoterapeuta. Voleva capire se quella corrispondenza tra la sua bambina e l’allenatore fosse sana, normale. “No che non è normale”, le ha risposto la psicoterapeuta. “Anche se innocente, è qualcosa di squilibrato. Voi dovete essere i mediatori tra lei e il suo allenatore”.
A quel punto L. e suo marito cominciano a fare quello che i genitori hanno il dovere di fare quando i figli sono ancora troppo piccoli per difendersi dal mondo, per possedere dei codici per decifrarlo, per filtrare gli accadimenti con la giusta maturità emotiva: controllano. Passano al setaccio telefono, computer, diari. Non trovano le prove schiaccianti dei loro sospetti, ma notano un’ambiguità in qualche passaggio. Sentono che qualcosa non torna. Che l’accesa conflittualità della loro bambina non è solo un sintomo della pre-adolescenza. Decidono di andare da un avvocato, che ascolta la vicenda e li spinge a dare il via a investigazioni più approfondite sul pc e sul telefono della dodicenne. E le paure più drammatiche dei due genitori trovano atroci conferme. Lui non era l’allenatore. Non era il suo punto fermo fuori casa. Non era l’uomo in tuta che la sgridava perché il bagher era impreciso o la lodava per una schiacciata potente. Era “il lupo”. Così lo definisce L. quando parla di lui in una dolorosa lettera che ha inviato ai giornali.
Nella chat sul telefono della bambina c’era il sunto di questa triste vicenda. Di questa “relazione sentimentale sfociata in relazione sessuale”, come dice il questore. Ma L. non accetta questa lettura dei fatti: “Ha plagiato e manipolato la mia bimba fino a farle credere che solo il suo fosse amore. Noi genitori non eravamo abbastanza, la sorella nemmeno, le amiche fuori dalle balle, troppo rischioso”. Ecco il perché di quei conflitti improvvisi, di quei silenzi, di quelle ombre. Ecco perché di fronte alle parole di chi la definisce “relazione sentimentale” o dell’allenatore che parla di “affetto”, lei diventa una furia: “Come può esserci parità di sviluppo cognitivo e sessuale fra una bambina di 11/12 anni e un sessantaseienne? Per di più nel ruolo di educatore? Si è lasciato spazio sui giornali, alle dichiarazioni di un pedofilo, leggo commenti su Facebook di chi lo difende, di chi lo giustifica, di chi dice che se si amano non c’è violenza!”.
Perché sì, su Facebook, i commenti di chi coglie una sfumatura romantica nella vicenda ci sono eccome. Il mito della Lolita è più affascinante e più assolutorio della favola del lupo cattivo. In fondo, se chissà, magari, erano consenzienti le due americane a Firenze, potrebbe esserlo anche questa bambina che a undici anni forse era un po’ più sveglia delle coetanee. Chissà con che pantaloncini si presentava in campo. Chissà come ammiccava, pure lei, sulla chat. Perché questi, diciamolo ad alta voce, sono i pensieri sottintesi di chi scrive che tra una undicenne e un sessantaseienne poteva essere amore. Che poi i rapporti sessuali tra una dodicenne e un uomo di 54 anni più vecchio di lei siano vietati dalla legge e considerati a tutti gli effetti pedofilia, per molti trogloditi conta poco. Era una storia di abuso tra un anziano signore e una bambina, altro che amore, sentimenti, cuoricini. Altro che amor platonico. A un certo punto, come emerso dalla lettura delle chat e dalle successive intercettazioni telefoniche e ambientali, c’era perfino il timore che lei fosse incinta. “Non era lei ad aver paura di essere incinta, ma lui. Perché, mentre lei stava ferma immobile, lui la toccava dopo essersi toccato. È la mia bambina! Nessuno ha pensato alla paura e alla vergogna?”, dice L., con la disperazione di chi oltre al dolore deve subire la solita gogna delle insinuazioni sulla presunta complicità della vittima. Pure se la vittima ha 12 anni. Pure se è ancora nell’età delle Barbie e dei videogame. Pure se il carnefice potrebbe essere suo nonno.
“Non potete capire…”, ha dichiarato l’allenatore a chi lo ha interrogato. È vero, non possiamo capire. E non solo il fatto di aver privato una ragazzina della sua infanzia, di aver sfogato su di lei le pulsioni schifose di un uomo coi capelli bianchi. Non capiamo, soprattutto, come abbia potuto, questo essere ignobile, scomodare la parola “amore”.