il manifesto 28.0.17
Per la Ue Madrid «resta il nostro unico interlocutore»
Catalogna
. L'Unione "non ha bisogno di altre fratture" (Juncker). "Per la Ue non
cambia niente" (Tusk). "Pieno sostegno a Rajoy, solo interlocutore"
(Macron). Germania e Gran Bretagna: non riconosciamo e non riconosceremo
l'indipendenza. Grande preoccupazione a Bruxelles. La "dottrina Prodi" e
la "giurisdizione Kosovo".
di Anna Maria Merlo
PARIGI
Per il momento, l’Unione europea non cambia posizione sull’indipendenza
della Catalogna e ripete quello che dice da settembre. Per il
presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, «la Spagna resta il nostro
solo interlocutore». Ma Tusk esprime anche l’inquietudine che regna
ormai nella Ue: «Spero che il governo spagnolo scelga la forza degli
argomenti e non l’argomento della forza». Il presidente della
Commissione, Jean-Claude Juncker, è preoccupato: «La Ue non ha bisogno
di nuovo fissioni, di nuove fratture» in questo momento, dove già deve
affrontare il Brexit. «Non dobbiamo immischiarci in questo dibattito tra
spagnoli – ha aggiunto Juncker – ma non vorrei che domani la Ue avesse
95 stati membri», se il caso catalano innesca una deriva regionalista.
«Ho un interlocutore in Spagna – ha ribadito il presidente francese
Emmanuel Macron – è il primo ministro Rajoy, in Spagna c’è uno stato di
diritto, con regole costituzionali, vuole farlo rispettare e ha il mio
pieno appoggio». Identica reazione in Germania. Il portavoce di Angela
Merkel ha affermato che «il governo tedesco vede l’aggravamento della
situazione in Catalogna con inquietudine e non riconosce la
dichiarazione di indipendenza». La Gran Bretagna «non riconosce e non
riconoscerà l’indipendenza della Catalogna». Il Dipartimento di stato ha
espresso «sostegno per la Spagna unita», la Catalogna «fa parte
integrante della Spagna».
Ieri, Bruxelles ha inviato una lettera
al ministro delle Finanze spagnolo, Luis de Guindos, per chiedere
garanzie sulla stabilità economica: il Commissario agli Affari
economici, Pierre Moscovici, aspetta i dettagli definitivi della
finanziaria spagnola «appena possibile», perché i «conti provvisori» non
garantiscono il rispetto degli impegni. Bruxelles vorrebbe la conferma
di un deficit al 2,2% del pil (ma Madrid calcola che sarà il 2,3%) e
vede con preoccupazione il rallentamento economico, da una crescita del
3,1% quest’anno al 2,3% il prossimo, «per le incertezze legate alla
Catalogna».
La Ue temporeggia. Ma c’è enorme preoccupazione. I
Trattati non danno la risposta alla situazione che si è creata in
Spagna. La Catalogna indipendente non è riconosciuta da nessuno, resta
formalmente in Spagna e quindi nella Ue. Esiste la cosiddetta «dottrina
Prodi»: uno stato nato da una secessione non viene considerato
automaticamente membro della Ue e viene trattato come un paese terzo. Ma
esiste anche l’articolo 49 dei Trattati: ogni stato europeo che
condivide i valori della Ue ha diritto a diventarne membro. La Ue non ha
praticamente reagito di fronte alle violenze della polizia il 1°
ottobre, il giorno del voto «illegale». Ma se la situazione degenerasse,
con ricorso eccessivo alla violenza, c’è la «giurisdizione Kosovo»,
cioè il diritto alla secessione. Ma anche in questo caso la strada per
la Catalogna non è spianata: 5 stati della Ue non hanno riconosciuto
l’indipendenza del Kosovo (oltre la Spagna, Cipro, Grecia, Romania e
Slovacchia).