il manifesto 27.10.17
L’Italia condannata per tortura nelle carceri di Bolzaneto e Asti
Strasburgo.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ordina risarcimenti per oltre 4
milioni di euro. È la prima sentenza che riconosce il reato commesso in
una "regolare" prigione italiana
di Eleonora Martini
Due
condanne in un solo giorno provenienti da Strasburgo confermano ancora
una volta l’uso della tortura nelle carceri italiane, reato per il quale
lo Stato non ha mai chiesto scusa alle vittime e non ha mai punito i
responsabili (ma non li ha neppure sospesi durante l’inchiesta e il
processo, come sottolinea la Corte europea dei diritti dell’uomo).
Sono
63 in totale le persone che, da recluse, hanno subito violenze fisiche e
psicologiche da parte di autorità di polizia: due durante la detenzione
nel carcere di Asti nel 2014, quando vennero sottoposte a
maltrattamenti di vario tipo da parte di cinque agenti penitenziari, e
61 a Bolzaneto tra il 20 e il 22 luglio 2001, durante i giorni del G8 di
Genova. A tutti loro la Cedu ha riconosciuto ieri un indennizzo che va
dai 10 mila agli 88 mila euro a testa (a seconda delle gravità delle
violenze subite e della «conciliazione amichevole» eventualmente già
pattuita con il governo italiano), condannando così Roma al pagamento
complessivo di 4 milioni e 10 mila euro per aver violato l’articolo 3
della Convenzione europea dei diritti umani.
«A GIUDIZIO DELLA
CORTE, i giudici nazionali hanno fatto un vero e proprio sforzo per
stabilire i fatti e individuare i responsabili», scrive la Cedu, ma a
causa della lacuna normativa di allora i torturatori sono rimasti
impuniti. Il problema, sul quale i giudici di Strasburgo ovviamente non
si soffermano ma che viene sottolineato dal commissario per i diritti
umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, è che il reato di tortura
rischia di rimanere impunito in alcuni casi anche in futuro, perché la
legge entrata in vigore il 18 luglio scorso che introduce finalmente
quella fattispecie di reato nell’ordinamento italiano è volutamente
contorta e difficilmente applicabile.
Anche se il ministro Orlando
un paio di giorni fa si è detto convinto che la nuova legge abbia
recepito le direttive della Cedu contenute nella sentenza Cestaro del
2015 e ha spiegato che comunque il testo ha bisogno di essere applicato
per verificare eventuali «elementi di fragilità normativa», caso in cui,
ha detto, «non escludiamo una riflessione».
DOPO LA CONDANNA del
giugno scorso per le torture perpetrate dalle forze dell’ordine nella
scuola Diaz, i giudici di Strasburgo riconoscono ad altre 61 persone,
alcune delle quali arrestate proprio durante quell’irruzione, il diritto
ad essere risarcite per le violenze subite «dagli ufficiali di polizia e
dal personale medico» a Bolzaneto, una delle due caserme, insieme a
Forte San Giuliano, adibite a centri temporanei di detenzione dei
manifestanti “rastrellati”. Per due giorni, le vittime vennero
«aggredite, picchiate, spruzzate con gas irritanti, subirono la
distruzione degli effetti personali e altri maltrattamenti – ricorda la
Corte – Mai avrebbero ricevuto adeguate cure per le ferite riportate, e
la violenza sarebbe continuata anche durante le visite mediche», oltre a
non aver potuto contattare familiari, avvocati e consolati.
Per
questi fatti «la procura di Genova indagò 145 tra poliziotti e medici,
di cui 15 vennero poi condannati a pene tra i 9 mesi e i 5 anni di
reclusione». Ricorda la Corte che successivamente «dieci di loro hanno
beneficiato di una grazia, tre di una completa remissione della pena
detentiva e due di una remissione di 3 anni; quasi tutti i delitti sono
stati prescritti».
Undici dei ricorrenti davanti alla Cedu hanno
già accettato di ricevere dal governo italiano 45 mila euro per una
«conciliazione amichevole» e perciò hanno diritto ad un risarcimento
minore. Ma a nessuna delle tante vittime dei torturatori di Genova,
sottolinea Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum del
2001, «a 16 anni dai fatti, dopo varie condanne italiane e
internazionali, non è ancora arrivata alcuna parola di scusa a nome
dello Stato da parte dei suoi massimi rappresentanti, primi tra tutti il
presidente della Repubblica. Una vergogna nella vergogna».
FORSE
PERFINO più importante e incisiva è la seconda sentenza emessa ieri
dalla Cedu, perché è la prima volta che viene riconosciuta la tortura in
un “regolare” carcere italiano e l’Italia viene condannata sia per il
delitto in sé «(aspetto sostanziale») che per quanto riguarda la
risposta delle autorità nazionali (aspetto procedurale)».
In
questo caso, il governo dovrà risarcire con 88 mila euro ciascuno, due
detenuti del carcere di Asti o i loro familiari (i torinesi Andrea
Cirino e Claudio Renne, quest’ultimo morto in una cella a Torino nel
gennaio scorso), per le torture subite nel dicembre 2014 da cinque
poliziotti penitenziari, tutti assolti dal tribunale di Asti per
mancanza di reato specifico. E perché «malgrado le sanzioni disciplinari
imposte», ritenute dalla Cedu, «non sufficienti», gli agenti «non sono
stati sospesi durante l’inchiesta o il processo».
Due sentenze che
il Garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mauro Palma, considera
«un campanello d’allarme che richiede importanti e urgenti azioni da
parte dell’Italia».