il manifesto 25.10.17
Xi come Mao: il suo pensiero nello statuto del Partito comunista
Cina.
Solo a Zedong era stato riconosciuto il contributo ideologico in vita.
Inserita anche la nuova via della seta e la strategia internazionale del
leader. Saranno resi noti oggi i nomi dei membri del Comitato
permanente, sfida di equilibrismo tra le correnti interne. E il
presidente non forzerà la mano
di Simone Pieranni
«Il
socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era», la dicitura
del pensiero di Xi Jinping, è stata inserita ufficialmente nello statuto
del partito comunista come «linea guida». Si tratta di una decisione
storica, ufficializzata ieri alla conclusione del diciannovesimo
congresso del partito svoltosi a Pechino.
Oggi verranno svelati i
nomi dei membri del Comitato permanente del Politburo, gli uomini più
potenti del paese: dalla composizione di quest’organo potremo capire di
più circa il destino della Cina e della leadership di Xi Jinping.
Per
ora Xi porta a casa la partita più rilevante da un punto di vista
storico, ideologico e immaginifico. «Il pensiero di Xi Jinping sul
socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era» va ad
aggiungersi al marxismo-leninismo, al pensiero di Mao Zedong, alla
teoria di Deng Xiaoping, alla teoria delle «tre rappresentatività» e
allo «sviluppo scientifico del socialismo cinese», come è stato
declamato al termine del congresso.
Questa decisione significa
molte cose: intanto che Xi vede riconoscere il suo contributo ideologico
in vita, come accadde solo a Mao, perché la teoria di Deng venne
ammessa solo dopo la morte del leader responsabile dell’apertura della
Cina al mercato mondiale.
Se poi si andasse a osservare l’enorme
mole di cariche accumulate da Xi, si potrebbe perfino sostenere che Xi
Jinping rappresenti a oggi il leader più potente nella storia della
Repubblica popolare. Xi vede dunque riconoscersi il potere di cui ha
giovato tutto il partito che con lui alla guida ha riguadagnato una
fiducia popolare che sembrava persa, e riporta in auge il contributo
ideologico di Mao Zedong sgonfiandolo di potenziale verve contraria alla
guida del paese, come accadde con il «neomaista» Bo Xilai oggi
all’ergastolo, e riportandolo in seno al partito, con quest’ultimo
rinvigorito e riposto al centro del mondo politico e sociale cinese.
Oltre
al suo pensiero nello statuto è stato anche inserito il grandioso
progetto di «nuova via della seta» a sottolineare il peso che la
politica internazionale e i suoi successi hanno avuto nell’ascesa
politica – anche mondiale – di Xi Jinping.
Ora bisognerà capire se
il numero uno sarà stato costretto o meno a compromessi nella
composizione del Comitato permanente che da qui al 2022 guiderà il
paese, tenendo presente che in Cina qualsiasi tipo di leader non può mai
abbassare la guardia rispetto a fazioni e corrente interne.
Il
gioco è più complesso di quanto spesso appaia: certe informazioni sono
volutamente enfatizzate per i media internazionali, consentendo così ai
funzionari cinesi di concentrarsi su altri generi di scontri e
compromessi su cui tenere fino alla fine uno stretto riserbo.
Per
questo c’è da scommettere che Xi Jinping non abuserà del suo strapotere,
sapendo di dover salvaguardare prima di tutto il Partito e la sua
unità.
Un segno di mediazione è arrivato ieri: Wang Qishan, il
braccio destro di Xi e artefice della clamorosa campagna anticorruzione,
è stato escluso dal comitato centrale per raggiunti limiti di età.
Probabilmente Wang, acclamato dalla stampa internazionale come il
«premier che la Cina non ha mai avuto», ricoprirà qualche ruolo
importante nell’amministrazione cinese, forse all’interno del
dipartimento per la sicurezza.
Di sicuro Xi Jinping su di lui non
ha voluto forzare la mano al partito, rispettando la consuetudine che
vuole un ritiro da ruoli apicali dopo il raggiungimento del
sessantottesimo anno di età. In questo gioco di vittorie (l’unanimità e
l’iscrizione del pensiero politico nello statuto) e parziali
arretramenti (Wang Qishan), la composizione del Comitato permanente sarà
l’ultimo decisivo tavolo sul quale Xi ha deciso di giocare le tante
partite di questo congresso.
Ci sono due successori all’orizzonte:
il fedelissimo di Xi, Chen Min’er e quello dell’ex presidente Hu
Jintato, Hu Chunhua. Secondo le ultime indiscrezioni pubblicate dal
quotidiano di Hong Kong South China Morning Post i due «papabili»
potrebbero essere esclusi anche perché Chen Min’er dovrebbe compiere un
doppio salto di carica che potrebbe risultare sgradito a qualche
papavero del Partito.
Se però così avvenisse, le speculazioni su
un eventuale allungamento del regno di Xi a 15 anni, anziché i canonici
10, potrebbero cominciare ad assomigliare alla realtà.