il manifesto 20.10.17
Legge Rosato verso il record di fiducie
Al
senato. Sfilano i costituzionalisti in prima commissione: «Non si può
approvare la legge elettorale con i voti di fiducia». E il governo pensa
di chiederne anche di più che alla camera. Qualche malumore e presa di
distanza nel Pd
di Andrea Fabozzi
Non si può
approvare la legge elettorale con la fiducia, ripete la gran parte dei
giuristi ascoltati ieri in commissione affari costituzionali al senato a
poche ore dall’arrivo del Rosatellum in aula. E il governo pensa di
aumentare le fiducie, non più tre come alla camera e forse neanche
quattro come si poteva pensare, ma addirittura cinque. Resterebbe da
votare «nel merito» solo l’articolo con la clausola di invarianza
finanziaria, al quale non sono ammessi emendamenti. Voto palese che
consentirebbe alla Lega e soprattutto a Forza Italia di manifestare il
proprio sostegno alla nuova legge elettorale in maniera diretta.
L’appoggio alla fiducia delle opposizioni, invece, sarà necessariamente
travestito da congedi, missioni e tutto quello che può servire ad
abbassare il numero legale.
La decisione finale il governo, ma più
precisamente il Pd, la prenderà lunedì sera, quando è già annunciata la
brusca conclusione delle votazioni sugli emendamenti in prima
commissione (che comincerà solo nel pomeriggio). A quel punto sarà noto
il volume e il peso (quanti, cioè, da votare a voto segreto) degli
emendamenti per l’aula, visto che la conferenza dei capigruppo ha
fissato un termine per la presentazione che addirittura precede la fine
dell’esame in commissione. La legge Rosato, dunque, arriverà in aula
martedì senza che sia conclusa la fase referente e senza relatore: un
altro strappo che però non avrà effetti pratici dal momento che il testo
sarà immediatamente blindato. Con quante fiducie dipenderà anche dalla
valutazione dei rischi (pochi) legati a questa procedura speciale e
anche dei tempi che fatalmente si allungano. Perché la chiama dei
senatori non può essere ripetuta più di due volte al giorno (a meno di
altre forzature) e questo spiega la prudenza del capogruppo Pd Zanda
quando ieri ha detto di non sapere se il Rosatellum sarà approvato
definitivamente giovedì. In calendario c’è una possibile seduta venerdì.
Lo slittamento spiazzerebbe un po’ la manifestazione che il Movimento 5
Stelle sta organizzando per mercoledì 25 davanti al senato e che si
annuncia assai più partecipata di quelle improvvisate davanti alla
camera. I grillini organizzano pullman, Grillo stavolta dovrebbe esserci
e sul blog a chiesto a tutti di portare una benda bianca per coprire
gli occhi.
Zanda ieri ha parlato al termine di una riunione
mattutina con i senatori Pd, nella quale ha preso forma un certo disagio
per la legge Rosato e soprattutto per il metodo della fiducia, anche se
solo il senatore Tocci ha argomentato le ragioni di un voto contrario.
Tocci è uno degli undici senatori che non votarono l’Italicum rimasto
nel gruppo Pd (in totale furono 24 ma la gran parte è passata a Mdp).
Ieri
mattina le audizioni in prima commissione si sono improvvisamente
popolate di giuristi favorevoli alla riforma elettorale, dopo un primo
calendario diffuso mercoledì che annunciava una prevalenza di critici.
Ceccanti, Fusaro, Guzzetta, Caravita, Cariola e Lupo hanno difeso la
costituzionalità del Rosatellum e anche del procedimento di
approvazione, anche se Lupo si è detto sorpreso che la presidente
Boldrini non abbia riunito la giunta per il regolamento prima di
ammettere la fiducia. E Fusaro tra gli argomenti in favore della nuova
legge ha messo anche che sarà poi agevole modificarla per aumentare il
numero dei collegi uninominali. Al contrario hanno argomentato Passigli,
Besostri, Spadacini. Azzariti ha previsto che la Corte costituzionale
si pronuncerà sulla legge, possibilmente sul procedimento di formazione
ma certamente nel merito con un occhio alla coerenza interna (ad
esempio, le liste bloccate corte dovrebbero servire per la
riconoscibilità dei candidati e invece favoriscono lo slittamento degli
eletti). Villone ha aggiunto come elemento di irragionevolezza interna
la soglia dell’1% (i voti delle liste che la superano sono salvi per la
coalizione) che finisce per incoraggiare la frammentazione. E Pertici ha
spiegato che il candidato all’uninominale in realtà è un capolista
nascosto (e senza simbolo) di tutti i partiti che lo appoggiano, e cioè
di un vero listone bloccato.