il manifesto 20.10.17
Bankitalia.
Visco ora è più forte: ha dalla sua Mattarella e le date su Banca
Etruria. La scelta del governatore avallata dal Quirinale. Nel 2015
governo fermo 9 mesi per aiutare i Boschi. Appello di trenta economisti
contro il leader Pd: la nomina non sia politicizzata
di Massimo Franchi
Sono
già stati ribattezzati i «Visco files». Le 4mila pagine con cui il
governatore in scadenza Ignazio Visco si difende dalle accuse di Renzi e
renziani sono al vaglio dei tecnici della commissione d’inchiesta sulle
banche. Il loro è un lavoro improbo: dovranno classificare ogni
documento decidendo – come da indicazioni della stessa Bankitalia –
quali considerare da «secretare» prima di fornire le chiavette Usb ai 40
membri della commissione – e solo a loro. Membri che saranno tenuti a
mantenere il segreto sul contenuto di questi documenti per non rischiare
reati penali. Il tutto avverrà non prima della prossima settimana.
Al
momento dunque solo Bankitalia e – in modo sommario – il presidente
Pier Ferdinando Casini più i vice Renato Brunetta e il renziano Mauro
Marino sono a conoscenza del contenuto del dossier. Qualcosa comunque è
trapelato. Specie sulla motivazioni e sul perché Visco abbia deciso di
«scendere in campo». Prima di farlo infatti il governatore avrebbe
ricevuto il «via libera» direttamente dal Quirinale: Mattarella ha
avallato la scelta in considerazione delle conseguenze che la mossa avrà
sulla partita della nomina del nuovo (vecchio) governatore che spetta
in ultima analisi proprio al presidente della Repubblica.
In
quest’ottica la posizione di Ignazio Visco da mercoledì sera è molto più
forte. Fino alla strampalata mozione renziana contro di lui, il
governatore non aveva alcuna intenzione di essere ascoltato in
commissione banche, sebbene stesse preparando assieme ai più fidati
collaboratori l’elenco dei documenti. Ora sfrutterà la commissione per
difendersi e mettere in difficoltà Renzi e i renziani. Ed è per questo
che Casini ha descritto Visco «tonico e determinato» al termine
dell’incontro di mercoledì.
Come logico che sia i documenti più
scottanti sono quelli riguardanti Banca Etruria. Se i ritardi e le
«timidezze» della Vigilanza nel denunciare lo stato fallimentare
dell’istituto di cui Pier Luigi Boschi era vicepresidente sono evidenti e
comprovati, i documenti che Visco ha consegnato alla commissione
dimostrano come sia stata la politica – e in parte la Consob – ad aver
atteso di prendere la decisione più importante e che solo il governo
poteva prendere: «porre in risoluzione» la banca. E qui bastano le date
per dimostrare come Bankitalia si fosse mossa già nel 2014: il 2
novembre Pier Luigi Boschi fu multato per 144mila euro per «violazioni
di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei
controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e
inesatte segnalazioni alla vigilanza». Banca Etruria fu poi
commissariata l’11 febbraio del 2015.
Mentre il governo guidato da
Matteo Renzi e con Maria Elena Boschi ministro attese a lungo – il 22
novembre 2015 – per la messa in risoluzione di Banca Etruria assieme a
Banca Marche, Carife e CariChieti. Durante quei nove mesi il Giglio
magico renziano e la stessa Boschi cercarono una soluzione meno
traumatica per Banca Etruria, come raccontato – mai smentito o querelato
– nel libro di Ferruccio De Bortoli che chiama in causa la
testimonianza dell’allora ad di Unicredit Federico Ghizzoni.
Ieri
intanto è andata avanti la polemica sulla visita di Visco in
commissione. Il M5s contesta di non aver saputo dell’incontro e
l’assenza dei segretari (Zeller e Tosato della Lega) prevista invece dal
regolamento. L’altra parte della polemica è sui documenti secretati:
«la prerogativa spetta alla commissione, deve essere allargata ai
rappresentanti dei gruppi», sostengono.
Il calendario della
commissione ad oggi prevede che il primo esponente di Bankitalia sia il
capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo il 2 novembre, mentre i renziani
annunciano di voler sentire anche il vice di Visco – e papabile alla
sostituzione – Fabio Panetta. L’attuale governatore non verrà ascoltato
prima di metà novembre. Quando potrebbe già essere stato riconfermato.
Sempre
ieri un gruppo di una trentina di economisti – tra cui spiccano Filippo
Cavazzuti, Maurizio Franzini, Marcello Messori, Giorgio Lunghini e
Nicola Rossi – hanno sottoscritto un appello che chiede «al presidente
della Repubblica e al presidente del consiglio di non assecondare
l’irrituale mozione», «valutano pericolo il tentativo di politicizzare
le nomine di una istituzione» e «reputano quanto meno infondato
attribuire responsabilità alla Banca d’Italia per la mala gestione di
alcuni istituti di credito».