mercoledì 18 ottobre 2017

il manifesto 18.10.17
Le zone sismiche, solo 151 scuole «sicure» su 15mila
di Edoardo Zanchini

Centociquant’anni ci vorranno, se continuiamo così, per avere una qualche certezza che le scuole a Messina diventino davvero sicure. Sono più degli anni che corrono dal terribile terremoto del 1908 che rase al suolo l’intera città.
Nel resto d’Italia non va meglio – i numeri sono raccontati nel Rapporto ecosistema scuola presentato ieri da Legambiente -,  ma oramai per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, come del territorio dal rischio idrogeologico, siamo entrati in un corto circuito mediatico in cui è facile perdersi, dove si confondono le responsabilità, tra i numeri e gli annunci del governo, i problemi ordinari e quelli straordinari legati ai terremoti.
Eppure non dovrebbe essere difficile sapere da dove partire, dopo tanti anni che si discute del tema e che i periodici crolli ci ricordano i problemi di un patrimonio edilizio costruito in larga parte prima dell’entrata in vigore delle norme sulla sicurezza sismica.
Ci si potrebbe aspettare che il problema, anche in questo caso, sia nelle scarse risorse per gli interventi. Tutto il contrario.
Nel 2017 ancora non si dispone di informazioni attendibili sulla situazione delle scuole.
Perché l’anagrafe scolastica, di cui si parla da tanti anni e che dovrebbe essere il «libretto di salute» dei fabbricati, è ancora incompleta e risulta vuota delle informazioni fondamentali sulla sicurezza degli edifici. Persino nelle zone a rischio sismico elevatissimo (come a Messina!).
Le risorse ci sarebbero pure, con oltre 9 miliardi di euro stanziati in questi anni, ma che in assenza di priorità vengono spesi in cantieri il più delle volte inutili, per il cambio dei controsoffiti o delle luci in edifici che rischiano di crollare o che sono dei colabrodo da un punto di vista energetico.
L’analisi di Legambiente mette in luce alcuni numeri incredibili. Rispetto al totale dei soldi stanziati solo il 4% è andato a interventi di adeguamento sismico, e alla fine di questi interventi rispetto alle 15mila scuole presenti nelle zone 1 e 2 (quelle dove possono verificarsi terremoti fortissimi e forti), saranno 151 gli edifici che potranno considerarsi «sicuri».
Il caso forse più emblematico è quello di Roma, che ha il più alto numero di scuole in Italia, e dove né il momune né il ministero si prendono la responsabilità di dire quanti sono gli edifici su cui si sta intervenendo. Pare siano 27 su 1.200 scuole, le altre dovranno aspettare.
E poi qualcuno si stupisce che il crollo del tetto del Liceo Virgilio avvenuto alcuni giorni fa abbia dato il via a occupazioni in diverse scuole romane? Nel vuoto di contenuti del dibattito politico italiano ci sarebbe uno spazio enorme per chi si volesse candidare a prendere in mano queste sfide.
Siamo proprio sicuri che non sia meglio spendersi su un tema popolare e di cambiamento piuttosto che inseguire gli slogan dei populisti?
* vicepresidente nazionale di Legambiente