il manifesto 18.10.17
Il futuro della Cina (e del resto del mondo) si decide qui
Al
via il Congresso. Da oggi il 19mo «conclave» del Partito comunista
cinese. Sceglierà i membri del Comitato centrale, del Politburo e quelli
dell’Ufficio politico. Nel segno del «sogno» di Xi Jinping
di Simone Pieranni
Oggi
18 ottobre comincia il 19mo congresso del partito comunista cinese, già
ribattezzato «il congresso di Xi Jinping». L’appuntamento cade ogni
cinque anni: si tratta dell’incontro del gotha politico del paese e ha
tra le sue funzioni principali quella di nominare i funzionari che
comporranno gli organi dirigenziali più importanti del partito per i
successivi cinque anni. Una volta concepite queste scelte, saranno
questi funzionari e le loro «correnti» di appartenenza, a decidere gli
indirizzi di natura politica ed economica del paese nell’immediato
futuro.
IL CONGRESSO DI QUEST’ANNO potrebbe essere definito di
mid-term, perché arriva proprio a metà del decennio riservato alla
leadership di Xi Jinping, ma ha assunto ormai da tempo una rilevanza
molto più profonda: si dice infatti che sarà il «congresso di Xi»,
proprio perché il numero uno cinese si giocherà tutto, tanto in termine
di nomine, quanto di rilevanza storica e possibilità di esercitare il
proprio mandato oltre i dieci anni canonici della carica di segretario
del partito e di presidente della Repubblica popolare cinese.
IN
PARTICOLARE, l’appuntamento dovrà decidere chi comporrà i seguenti
organi apicali del partito: i 200 membri fissi e i 100 alternati del
Comitato centrale, i 25 membri del Politburo, i membri (attualmente 7,
in passato 9) dell’Ufficio politico del Politburo, cuore decisionale
della Cina. Queste poche centinaia di persone saranno gli uomini più
potenti del paese. E il loro numero uno sarà – come ha sottolineato la
cover dell’Economist qualche giorno fa – uno degli uomini più potenti
del mondo.
Il Congresso del Pcc, benché caratterizzato dal suo
rituale, dal suo impatto sul paese che spesso viene raccontato dai media
internazionali con toni quasi folcloristici (il paese è come se
chiudesse per consentire ai sovrani di prendere le decisioni
fondamentali, come fosse una specie di Conclave) ha in realtà
un’importanza non da poco anche per il resto del mondo.
SE VINCERÀ
XI JINPING – come è assai probabile – avremo una Cina compatta intorno
all’idea del «sogno cinese» del suo numero uno: una visione
nazionalistica tendente a stabilizzare l’economia, a modernizzare il
sistema industriale, a produrre un mix sempre maggiore tra capitale
privato e capitale statale e soprattutto comporterà una Cina sempre più
forte nella sua postura internazionale e sicuramente determinata a
rendere effettivo, lucrativo e tendenzialmente egemonico il progetto di
Nuova via della Seta, il Bri (Belt and Road initiative), che malgrado
sia presentato da Pechino come un’opportunità per tutti, non nasconde le
proprie mire globali.
INSIEME A QUESTO non mancano le sfide più
rischiose: il gruppo dirigenziale raccolto intorno al proprio leader
dovrà affrontare problemi non da poco. Innanzitutto questioni
economiche, come ad esempio il debito delle amministrazioni locali e le
difficoltà a mantenere un controllo su quanto accade nelle zone
periferiche del potere; la necessità di sviluppare ancora di più il
mercato interno, benché lo sfogo del Bri potrà ovviare al surplus del
manifatturiero.
Ci sono poi questioni internazionali rilevanti: la
tensione sotto traccia con l’India, le questioni ancora aperte sulle
zone di mare contese e più di tutte la crisi coreana, ancora molto
distante dalla sua soluzione.
Il comitato centrale del Pcc in sessione plenaria (LaPresse/Xinhua)
Ecco chi sono i 4 osservati speciali del XIX Congresso
Wang Qishan
Wang
Qishan è il capo del team anti corruzione voluto da Xi Jinping. Pur
ufficialmente non essendolo, è considerato il n. 2 del partito. La sua
azione contro i corrotti è stata letale: aveva promesso che avrebbe
catturato «le tigri e le mosche» e così ha fatto: migliaia di processi,
centinaia di arresti. Wang Qishan non ha guardato in faccia nessuno: ha
arrestato funzionari, militari, personaggi importanti, così come piccoli
amministratori. Con due problemi però: il primo è Guo Wengui, un
miliardario in esilio che lo accusa di aver approfittato della sua
situazione per arricchire i famigliari. Sono – per ora – accuse senza
prove. Il secondo è che Wang ha superato i 68 anni, età limite per i
funzionari cinesi. Ma si dice che Xi voglia forzare il sistema e
promuoverlo a numero due effettivo e al ruolo di premier.
Li Keqiang
L’attuale
premier nel corso di questi cinque anni è stato di fatto oscurato dalla
preponderanza del numero uno Xi Jinping. Li Keqiang è l’unico, insieme
al presidente, che in teoria dovrebbe rimanere tra i sette dell’Ufficio
politico del Politburo non avendo ancora raggiunti i limiti di età. Però
la sua carriera potrebbe rilevare un intoppo proprio nell’eventuale
promozione di Wang Qishan al ruolo di premier. In questi cinque anni Li
non è stato in grado di attuare più di tanto le proprie idee in materia
di riforme e aggiustamenti economici, perché anche quelle decisioni sono
finite nelle grinfie di Xi Jinping e della sua smania di controllo
totale. Li inoltre, agli occhi di Xi, ha un punto debole: è un uomo del
vecchio sistema di potere, quello di Hu Jintao e Wen Jiabao, una
camarilla che Xi Jinping negli ultimi tempi ha smantellato pezzo dopo
pezzo.
Chen Min’er
Di recente Xi Jinping ha eliminato un
potenziale concorrente alla sua successione. Il giovane funzionario
classe 1960 Sun Zhengcai, a capo del partito di Chongqing e considerato
un protetto di Wen Jiabao è stato destituito da capo del partito, poi è
stato indagato per corruzione e infine è stato espulso. Al suo posto Xi
Jinping ha messo il fedelissimo, Chen Min’er, dato come potenziale
autore di un clamoroso doppio salto: ora è nel Comitato centrale e
potrebbe arrivare già a ottobre nell’Ufficio politico, saltando il
passaggio intermedio del Politburo. Potrebbe essere lui a succedere al
super leader tra 10 anni. Chen Min’er è un alleato del presidente: era
stato capo della propaganda quando Xi era al comando del partito nello
Zhejiang, dal 2002 al 2007. Se dovesse passare la sua «promozione» Xi
avrebbe in maggioranza suoi uomini nel cuore del potere.
Hu Chunhua
Hu
Chunhua è segretario del Pcc del Guangdong, una delle regioni cinesi
più importanti, responsabile da sola di oltre un quinto delle
esportazioni totali della Cina. Hu è uno dei più giovani funzionari in
carriera, classe 1963, ed è da considerarsi del gruppo dei «protetti» di
Hu Jintao, tanto da essere chiamato «il piccolo Hu». Hu Chunhua è molto
stimato: ha saputo fare una carriera nel partito prendendosi importanti
responsabilità. Entrato nella Lega della gioventù comunista, feudo
politico proprio dell’ex presidente, ha ricoperto importanti ruoli in
zone «sensibili» come il Tibet e la Mongolia interna dimostrando di
essere in grado di «mantenere la stabilità» anche con l’utilizzo di un
pugno di ferro molto apprezzato dalla dirigenza cinese. Potrebbe essere
uno dei sette più potenti, sempre che Xi non veda in lui un futuro
grattacapo anziché una risorsa.