il manifesto 17.10.17
Le onde gravitazionali aprono una nuova era di racconti galattici
Per la prima volta, con 70 telescopi, gli astronomi hanno osservato lo scontro tra stelle di neutroni
di Luca Tancredi Barone
Una
nuova era, l’era della “cosmologia delle onde gravitazionali” è
cominciata. L’ha detto ieri Laura Cadonati, la vice portavoce di Ligo,
l’osservatorio di onde gravitazionali negli Stati Uniti che lavora in
collaborazione con l’italo-francese Virgo, vicino a Pisa, nella
conferenza stampa più attesa dalla comunità di fisici e astrofisici del
mondo. Già, perché il 2017 è decisamente l’anno delle onde
gravitazionali, che si erano già meritate qualche settimana fa il premio
Nobel per la fisica
(https://ilmanifesto.it/fisica-il-nobel-non-puo-sfuggire-alle-onde-gravitazionali/).
E perché ormai anche la scienza dura è glamour, fa conferenze stampa in
streaming mondiale, con ostentazione di fair play fra le diverse
squadre di ricercatori e grande presenza di protagoniste femminili, e
pubblica ben 7 articoli scientifici coordinati con migliaia di autori
(https://www.ligo.caltech.edu/page/detection-companion-papers).Tutti
accessibili liberamente già da ieri, evviva l’open science.
La
notizia che è stata resa nota ieri, dopo che si erano rincorse per
settimane voci su questo risultato strabiliante, è che per la prima
volta la rilevazione di un’onda gravitazionale – è solo la quinta – è
stata seguita da una serie di rilevazioni dello stesso oggetto celeste
in tutte le lunghezze d’onda dello spettro elettromagnetico della luce.
Le
onde gravitazionali hanno aperto cioè una nuova era dell’osservazione
del cosmo. Paragonabile al salto che venne fatto quando dall’occhio nudo
si passò a osservare il cielo con un telescopio, o oltre alla luce
visibile si iniziò a osservare l’universo con gli occhiali delle
frequenze invisibili, come l’infrarosso, i raggi gamma, o le onde radio.
La storia inizia 130 milioni di anni fa, nella galassia NGC4993 nella
costellazione di Idra, nell’emisfero nord. Due stelle di neutroni, cioè
due stelle nelle ultime fasi della loro vita, orbitavano una intorno
all’altra sempre più vorticosamente, fino a scontrarsi. Tanto per farsi
un’idea, le stelle di neutroni sono gli oggetti più compatti che
esistono, così compatte che sono appunto fatte di neutroni. In pochi
chilometri di diametro possono racchiudere la massa del sole, e un
cucchiaino della sua materia pesa più di dieci milioni di tonnellate.
Lo
scontro fra due oggetti di questo tipo, secondo tutti i modelli messi a
punto dagli astrofisici ma finora mai osservati direttamente, genera
una quantità di energia enorme che a sua volta provoca una serie di
effetti visibili a milioni di anni luce di distanza. Come in questo
caso: le due stelle si scontrarono quando ancora i dinosauri
passeggiavano sulla terra, e gli effetti di questo evento ci hanno
raggiunto solo il 17 agosto scorso verso le 9 di mattina. Ma non solo:
secondo quanto previsto da Einstein cento anni fa, un evento del genere
provoca un arricciamento della curvatura dello spazio: un’onda
gravitazionale, sufficientemente significativa da essere osservabile.
Ma
solo oggi. Perché fino a pochi mesi fa, quando gli osservatori Ligo e
Virgo hanno iniziato a lavorare assieme, non eravamo in grado di
rilevare queste sfuggentissime onde con tanta precisione.
Grazie
alla coordinazione fra i due strumenti, è stato possibile circoscrivere
la zona di cielo dove doveva essere avvenuta l’esplosione. La difficoltà
di questa impresa consiste nel fatto che una volta identificata la zona
da osservare, trovare il proverbiale ago nel pagliaio è complicato.
Bisogna infatti essere rapidissimi: il pagliaio – le galassie – è molto
grande, e l’ago diventa sempre meno brillante, perché la luminosità
dell’esplosione tende a scemare, in maniera progressiva nelle diverse
lunghezze d’onda. Ma stavolta nelle ore e settimane seguenti una
settantina di telescopi sparsi sulla terra e alcuni anche in orbita
hanno cominciato a osservare intensamente l’area. E per la prima volta
gli astronomi hanno osservato il puntino dell’esplosione cosmica a
partire dall’avviso lanciato da un’onda gravitazionale, fino a poterlo
ritrarre in tutte le fasi, dall’energia più alta (i raggi gamma) fino
alle onde radio (la coda di energia che si mantiene più a lungo nel
tempo).
In questo modo non solo sono riusciti a confermare i
modelli su cui lavorano da anni per descrivere questo tipo di fenomeni
esplosivi. Ma hanno anche osservato per la prima volta una “kilonova”,
cioè un oggetto stellare, prodotto dello scontro delle stelle di
neutroni, che produce gli elementi più pesanti del ferro (prodotto
dall’esplosione di supernove): metalli come l’oro, il platino, l’uranio.
L’osservazione della zona ha confermato che ce n’è circa il 5% della
massa del sole. Un bel tesoro d’oro e altri metalli rari.
Grazie
alle numerose osservazioni in tutte le frequenze, gli astronomi hanno
potuto costruire un modello che le spiegasse coerentemente, compreso il
fatto che in alcune bande di frequenza, l’intensità era inferiore al
previsto: è che noi stiamo osservando il getto in modo obliquo.
Nanda
Rea, dell’Istituto di scienza dello spazio del Csic (Consiglio
nazionale delle ricerche spagnolo) e dell’Università di Amsterdam,
nonché vincitrice della prestigiosa Medaglia Zeldovic dell’Accademia
russa delle scienze per i suoi studi sulle stelle a neutroni è
entusiasta. “Aspettavamo questo momento da molte settimane, per me è
stato emozionantissimo”, spiega. “È la conferma che molti i modelli
sulle stelle di neutroni funzionano bene. Non vedo l’ora che le onde
gravitazionali ci aprano nuove strade e ci diano nuovi problemi da
risolvere”.