il manifesto 14.10.17
Valeria Pinto: «L’alternanza scuola-lavoro rieduca gli studenti all’ordine e alla disciplina»
Intervista.
Valeria Pinto insegna filosofia teoretica alla Federico II di Napoli,
autrice del libro "Valutare e punire": "Sono obbligati a pensarsi
veicoli di un progetto e non come soggetti autonomi"
Valeria Pinto insegna filosofia teoretica alla Federico II di Napoli
intervista di Roberto Ciccarelli
«L’alternanza
scuola-lavoro serve a una rieducazione degli studenti – afferma Valeria
Pinto, docente di Filosofia teoretica alla Federico II di Napoli e
autrice del fortunato libro Valutare e Punire – è un dispositivo che
trasforma l’idea di conoscenza, dell’insegnamento e dell’apprendimento».
In che modo?
Basando
la formazione sull’idea di «progetto». Questa, in fondo, è la forma del
lavoro attuale, non si fa nulla che non sia contenuto in un progetto
attraverso il quale si definisce il risultato, gli strumenti e l’impiego
del tempo. È un educazione al pensarsi come veicolo di un progetto, non
come soggetti critici e autonomi. Lo studente obbligato all’alternanza
con il lavoro è considerato lo strumento per la realizzazione di un
progetto, non è lui stesso il progetto di una vita.
Gli studenti in piazza hanno denunciato il carattere di sfruttamento e il lavoro non pagato e la riduzione del sapere a merce…
Hanno ragione, ma non sono pochi i casi in cui quello che chiamano lavoro non serve a niente.
Ad esempio?
Tra
le denunce degli studenti esiste un’ampia casistica di progetti sulla
carta dove sono impiegati in attività inutili o all’inattività.
Un’utilità tuttavia esiste e consiste, come dicevo, nella rieducazione.
Il suo obiettivo è quello del disciplinamento dei ragazzi e della loro
trasformazione antropologica in progetto.
Ma quale razionalità ha un sistema di questo genere?
Mostrare
come l’unico principio regolatore, l’unica mentalità possibile, sia
quella di un mercato del lavoro a cui piegarsi. Dove non può esistere
nella vita delle persone nulla di eccentrico e dove nulla deve sfuggire
al progetto. Tutti gli aspetti della vita di una persona devono
rientrare in logica ferrea.
I sostenitori dell’alternanza
sostengono che il sistema riavvicina la scuola al lavoro e risolve un
problema storico in Italia: la separazione tra la teoria e la prassi…
Questo
avviene solo in apparenza. In effetti il sistema si presenta come un
superamento della divisione tra teoria e prassi, tra lavoro manuale e
intellettuale. Ma questo non avviene.
Perché?
Perché non c’è
un rapporto tra l’idea astratta del lavoro e la realtà di ciò che si è e
ciò che si fa. La separazione che si voleva superare invece è
confermata. Un lavoro invece non dovrebbe essere staccato da una
funzione formativa.
Che tipo di effetti ha questa impostazione sull’insegnamento?
Lo
rende sempre più nozionistico, basta vedere i manuali di storia,
filosofia. Sono veicoli di informazioni e dati, una semplificazione
sconcertante.
Quale sarà l’impatto di questo esperimento di massa sul futuro della scuola?
Ci
troviamo di nuovo a che fare con il disciplinamento nella sua accezione
più inaspettata. Pensavamo che la società disciplinare fosse superata e
invece sta riemergendo. È accompagnata a fenomeni regressivi che
emergono in alcuni regolamenti scolastici che hanno un carattere
carcerario. Con questa idea di formazione i ragazzi sono ricondotti
all’ordine e alla disciplina.