Il Fatto 14.10.17
Scuola, protesta in tuta blu: “Noi manodopera gratuita”
Norma
da rifare - Da chi viene spedito al call center a chi stacca ticket al
museo il 24 dicembre. Scontri a Palermo, pomodori a Milano. In 50 città
sfilano gli studenti contro l’alternanza insegnamento-lavoro
di Roberto Rotunno
Che
ci fa un gruppo di tute blu in viale Trastevere? Quali rivendicazioni
potranno mai portare gli operai presso il ministero dell’Istruzione?
Nessuna, infatti quelli non sono metalmeccanici ma semplici studenti di
scuola superiore. Così vestiti perché dal 2015 l’alternanza
scuola-lavoro ha reso molti di loro manodopera gratuita per le imprese.
Per questo hanno manifestato: per segnalare tutto quanto non funziona in
una legge che viene definita (da chi l’ha scritta) “Riforma della buona
scuola”. In 50 città italiane ha avuto luogo il primo sciopero degli
studenti “alternati”, organizzato dalla Rete degli studenti medi inseme
all’Unione degli universitari, l’Unione degli studenti e Link.
Un’occasione per chiedere anche più risorse per il diritto allo studio e
per l’edilizia scolastica. I problemi dell’alternanza hanno comunque
rappresentato il tema predominante della giornata.
Il liceo
scientifico Isacco Newton di Roma, per esempio, in questi giorni si è
trasformato in una grande riserva di addetti al call center. Circa 40
ragazzi sono impiegati presso un’azienda che gestisce una piattaforma
online per professionisti. “Il nostro compito – racconta Cecilia, una
studentessa – è telefonare a questi professionisti, spiegare loro come
possono avvantaggiarsi iscrivendosi al sito e cercare di farci dare
l’indirizzo email. Abbiamo fatto turni da cinque ore, con almeno 150
telefonate a testa; nelle prossime settimane faremo il pomeriggio”. A
fine giornata – segnala la ragazza – devono rendicontare il numero di
telefonate effettuate e di indirizzi ottenuti. “Ci siamo lamentati –
aggiunge – e anche i professori si sono rammaricati, ma dall’azienda
hanno detto che ci fanno un favore facendoci imparare come funziona e
che ci vanno a perdere perché non siamo molto produttivi”. Tommaso
Berardi, invece, è un ragazzo del quarto anno di un liceo artistico,
sempre della Capitale. Mentre toglie la tuta, ricorda la sua esperienza
dello scorso anno a Palazzo Venezia. “Pensavamo che avremmo imparato a
fare le guide – dice – e invece ci siamo ritrovati a staccare i ticket
all’ingresso”. Il suo “stage” lo ha tenuto impegnato anche il 24
dicembre.
La legge prevede 400 ore obbligatorie per gli istituti
tecnici e professionali, 200 per i licei; tutte da spalmare nell’ultimo
triennio. La disorganizzazione, però, potrebbe penalizzare molti
studenti che denunciano l’assenza di attestati. Si rischia insomma la
beffa: ritrovarsi con ore non registrate, di conseguenza mancanti
all’appello, e doverle recuperare nel corso del quinto anno. La
proposta, quindi, è concentrare l’alternanza nell’orario delle lezioni
così da trasformarla in “didattica alternativa”. “Se abbiamo questo
impegno nell’orario extracurricolare – spiega una studentessa – ci
toglie tempo per studiare o per svolgere un lavoro vero, retribuito”. Ci
sono anche i racconti stravaganti. Per esempio ragazzi ai quali è stata
riconosciuta come alternanza una visita ai musei di Torino o altri che
hanno potuto assolvere l’obbligo praticando sport a livello agonistico.
La
mattinata ha vissuto anche momenti di tensione: a Palermo sono avvenuti
scontri tra studenti e polizia nel corso di un sit-in non autorizzato
davanti alla sede del McDonald’s, il quale è accusato di approfittare
dell’alternanza grazie a un accordo siglato con il ministero. A Milano,
inoltre, alcuni manifestanti hanno lanciato uova e pomodori contro uno
dei fast food della catena statunitense.
Comunque, non si è
trattato di piazze “contro”. Non c’è stata la richiesta di abolire
l’alternanza scuola-lavoro ma di renderla davvero un’esperienza
formativa. Tra le esperienze svolte fino a questo momento, spiccano
molte cattive pratiche. Martedì alla Camera è stata presentata
un’indagine, svolta dalla Rete degli studenti medi e la Cgil, la quale
ha coinvolto 4 mila ragazzi. Il 48% si è detto soddisfatto, ma un
giudizio pesantemente negativo è stato espresso dal 33% degli
intervistati. Le maggiori critiche si sono registrate nei licei, dove la
coerenza tra gli studi e il progetto di alternanza ha avuto voto 2,4 su
5 (più soddisfatti, invece, i ragazzi dei tecnici e professionali). Il
60,7% fa notare come “l’obiettivo sia più quello di collocare gli
studenti che garantire competenze”. Ragionando in decimi, i liceali
hanno dato 4 al livello di personalizzazione dell’alternanza e 3 alle
chance di lavoro successive allo “stage”. Una bocciatura.