venerdì 13 ottobre 2017

il manifesto 13.10.17
“L’Unesco è contro Israele” Gli Usa sbattono la porta
Nazioni (dis)Unite - Secondo gli Stati Uniti troppe decisioni avverse allo Stato ebraico, come per la Spianata delle Moschee di Gerusalemme
di Roberta Zunini

Nel Medio Oriente senza pace la notizia dell’uscita degli Stati Uniti dall’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, potrebbe sembrare irrilevante. Ma è proprio quando l’arte, l’archeologia, la cultura e le scienze tornano a essere meri strumenti di pressione geopolitica che il campanello d’allarme dovrebbe riprendere a trillare più forte. Stavolta è la Spianata delle Moschee a Gerusalemme, il cuore di questa ennesima disputa tra Usa-Israele da una parte e paesi islamici dall’altra.
Gli Stati Uniti sono da un anno presieduti da Donald Trump, entrato alla Casa Bianca anche grazie ai voti a suo favore dell’Aipac, la lobby di ebrei-americani conservatori più influente al mondo. La moschea di al-Aqsa, la più importante per il culto islamico, e le altre che si stagliano sulla Spianata, sono state costruite su parte delle rovine del Monte del Tempio.
Del luogo più sacro per la religione ebraica, oggi rimane solo una piccola parte: il Kotel, noto come Muro del Pianto, a poche decine di metri dalla Spianata/Monte del Tempio. Sulla Spianata, che custodirebbe le rovine del Tempio, però non possono andarvi a pregare nè gli ebrei né i cristiani. Solo i credenti musulmani. È dal 2011, quando la Palestina divenne membro dell’ organizzazione dell’Onu, che gli Stati Uniti hanno smesso di finanziare l’Unesco, pur mantenendo un ufficio nel quartier generale di Parigi. Il ritiro Usa dall’Unesco “a causa delle relazioni con Israele” è una decisione “da apprezzare”, ha detto via Twitter, l’ex ministro degli Esteri e negoziatore capo, Tizpi Livni. “È un messaggio al mondo – ha proseguito – che c’è un prezzo alla politicizzazione, alla storia unilaterale e distorta”. Il falco Livni, da anni diventata colomba e parlamentare di spicco del principale partito di opposizione, l’ex Labur ora Alleanza Sionista, in questo caso è d’accordo con il premier e ministro degli Esteri israeliano, Benjamin Netanyahu.
Ed entrambi, anche se con sfumature verbali opposte, sono d’accordo sull’esigere che l’Autorità Nazionale Palestinese imponga il disarmo e vegli sulle azioni del movimento islamico Hamas, appena riconciliatosi con il partito Fatah – alla guida da sempre dei Territori palestinesi Occupati – in una mossa comunque storica compiuta al Cairo con gli ‘auspici’ di Al Sisi. Intanto per quanto riguarda la direzione dell’Unesco, al quarto giorno di consultazioni è stato dichiarato ufficialmente che vi è un testa a testa tra Francia e Qatar.
L’inviato di Israele, Carmel Shama-Hacohen, uscendo dall’aula per le votazioni, ha commentato: “Anche noi dovremmo lasciare. La mia personale raccomandazione al premier Benyamin Netanyahu è quella di restare incollati agli Usa e lasciare immediatamente l’Unesco”. Secondo l’ambasciatore “negli anni recenti l’Unesco si è trasformata in una bizzarra organizzazione che ha perso le sue orme professionali a favore di interessi politici di certi paesi”.
Netanyhau nella serata di ieri ha dato istruzioni di “preparare l’uscita di Israele dall’Unesco in parallelo con gli Usa”.
Gli Stati Uniti hanno confermato l’uscita dall’Organizzazione Onu citando tra i motivi la necessità di una riforma e una presunta “tendenza anti Israele” dell’agenzia.
“Questa decisione non è stata presa alla leggera e riflette le preoccupazioni degli Stati Uniti per i crescenti ritardi nei pagamenti nell’Unesco, la necessità di una riforma fondamentale nell’organizzazione e la tendenza anti Israele nell’Unesco”, ha affermato la portavoce del dipartimento di Stato americano, Heather Nauert.