il manifesto 13.10.17
No all’estradizione del prete pedofilo
Vaticano/Canada.
La Santa sede non rimuove l'immunità diplomatica a monsignor Carlo
Alberto Capella, funzionario della nunziatura apostolica di Washington,
ricercato dalle autorità canadesi per detenzione e diffusione di
materiale pedopornografico
di Luca Kocci
La
“tolleranza zero” di papa Francesco contro la pedofilia del clero
inciampa sull’immunità diplomatica. Non verrà estradato in Canada
monsignor Carlo Alberto Capella, funzionario della nunziatura apostolica
di Washington (l’ambasciata vaticana in Usa), nei confronti del quale
le autorità canadesi hanno emesso un ordine di arresto per il reato –
che sarebbe stato commesso in Canada – di detenzione e diffusione di
materiale pedopornografico.
Il direttore della sala stampa della
Santa sede, Greg Burke, puntualizza che ancora «non c’è alcuna richiesta
di estradizione arrivata dal Canada». Ma l’agenzia Ansa riferisce di
aver appreso «da fonti qualificate» che, quando giungerà, il Vaticano la
respingerà, opponendo l’immunità diplomatica di cui gode il funzionario
di Oltretevere.
Il caso è venuto alla luce questa estate. Il 21
agosto il Dipartimento di Stato Usa ha notificato alla Santa sede
l’ipotesi di violazione delle norme in materia di immagini
pedopornografiche da parte di mons. Capella, chiedendo contestualmente
al Vaticano di rimuovere l’immunità diplomatica. Richiesta respinta
dalla Santa sede, che invece ha immediatamente richiamato a Roma il
proprio funzionario e affidato le indagini al promotore di giustizia del
tribunale vaticano (una sorta di pm), Gian Piero Milano. Subito dopo si
è mossa anche la polizia canadese.
L’inchiesta vaticana «richiede
collaborazione internazionale e non è ancora terminata», precisa Burke.
Se rinviato a giudizio, Capella – che ora risiede in un appartamento
nel Collegio dei penitenzieri, lo stesso di mons. Wesolowski, nunzio a
Santo Domingo, morto di infarto pochi giorni prima che in Vaticano
cominciasse il suo processo per pedofilia – verrebbe processato dentro
le mura leonine e non nello Stato in cui ha commesso il reato. E questo,
in molti casi, resta il punto debole della sbandierata fermezza
vaticana contro la pedofilia.