Il Fatto 9.10.17
Ma a sinistra del Pd si vince solo con l’usato sicuro
Stando
ai sondaggi, l’idea di un progetto che raccolga Mdp, Campo Progressista
e Sinistra Italiana si è scontrata con l’incapacità di trovare un
leader condiviso. E Pisapia scalda più le segreterie che gli elettori
di Fabrizia Caputo e Lorenzo Giarelli
Da
mesi il futuro della sinistra domina il dibattito politico, ma a pochi
mesi dalle elezioni ancora non è chiaro se, di là dal Pd, le varie liste
si presenteranno da sole o sotto un unico leader. Movimento democratici
e progressisti, Sinistra Italiana e Campo Progressista sembrano da ieri
allontanarsi definitivamente, nonostante condividano da settimane
palchi e convegni di mezza Italia. Resta in campo lo smarcamento degli
ex vendoliani e dei bersaniani dal Pd.
I dati Un sondaggio di
Demopolis pubblicato per il Fatto Quotidiano evidenzia come di questi
tre partiti, al momento, soltanto Mdp superi nelle dichiarazioni di voto
la soglia di sbarramento del 3% fissata dal Rosatellum bis,
assestandosi attorno al 4%. Sinistra italiana viene accreditata al 2,3%,
mentre il movimento di Pisapia non va oltre il 2%. Ma dalla stessa
ricerca emerge anche che l’idea di una lista unica che raccoglie i tre
partiti può arrivare al 9% nelle dichiarazioni di voto degli
intervistati. Un dato che diventerebbe significativo anche in termini di
seggi, a prescindere dal sistema elettorale.
Sulla stessa linea, i
dati di Ipr marketing, che pur attestando Sinistra italiana poco al di
sopra dell’1%, quotano nelle intenzioni di voto una lista unitaria di
sinistra al 10%, strappando molti voti al Pd, che in questo caso
scenderebbe intorno al 23%. La ricerca di Ipr sottolinea anche come Mdp
abbia perso la metà dei propri consensi in questi ultimi mesi: quando lo
scorso febbraio, un gruppo di fuoriusciti dal Pd creò il nuovo
movimento, i sondaggi di Ipr lo davano intorno all’8%, prima che mesi di
indecisioni facessero calare le percentuali dei bersaniani. Al momento
l’idea di una lista unica è ancora lontana da una definizione precisa.
Oltre a un programma e un simbolo comune, manca soprattutto un leader
condiviso, una scelta che potrebbe condizionare di molto il potenziale
elettorale della lista.
Tra i leader, il più corteggiato è, o
meglio era, visto quanto accaduto ieri, Giuliano Pisapia. C’è poi chi
all’interno del Pd lo vedrebbe come l’uomo ideale per un dialogo tra le
varie anime del centrosinistra.
Che l’ex sindaco si muova in una
direzione o nell’altra resta il fatto che, stando ai sondaggi, il suo
nome sembra scaldare molto più le segreterie dei partiti che gli
elettori. Se Demopolis attesta Campo Progressista attorno al 2%, un
sondaggio di Swg pubblicato il 5 ottobre attribuisce al partito l’1,7%.
Non solo: il consenso di Pisapia è persino in calo, se si pensa che lo
scorso aprile Scenari politici-Winpoll attestava la sua forza politica
attorno al 2,8%. Anche negli indici di gradimento rilevati da Demos lo
scorso settembre, Pisapia, che raccoglie il 29%, è persino dietro a
Bersani, che per mesi lo ha indicato come il giusto candidato per la
coalizione e che invece, da solo, ha ancora ha il 30% di fiducia. Eppure
si è andati avanti per mesi con convegni, interviste, feste di partito
in cui Pisapia è stato costantemente al centro della discussione e
proposto a più riprese come soluzione dei mali della sinistra.
L’opinione.
Per Antonio Noto, direttore di Ipr marketing, “Campo progressista di
Pisapia non ha un grande peso”, perché in realtà “è un partito che
sembra non esistere e potrebbe essere chiamato tranquillamente Campo
Pisapia”. Per il sondaggista l’idea “è che dietro di lui non ci sia
nulla”.
Non va meglio ad altri aspiranti leader. Roberto Speranza,
uno dei fondatori di Mdp, è fermo al 18% del gradimento nella
graduatoria di Demos, per non parlare di Nicola Fratoianni, segretario
di Sinistra italiana, che prende il 12% nell’indice sulla fiducia.
E
se il leader della sinistra unita fosse Pietro Grasso? Nelle scorse
settimane, complice l’ovazione ricevuta alla festa nazionale di Mdp a
Napoli, qualcuno ha avanzato l’idea che Bersani potesse chiedere al
presidente del Senato di guidare la lista. L’idea però non convince
Noto: “Gli elettori di sinistra farebbero fatica a identificarlo come un
personaggio storico di quel colore politico: Grasso è molto rispettato e
viene considerato un grande uomo di Stato – spiega – ma il popolo di
sinistra cerca altro”. Poco spazio alle novità, dunque.
“Il leader
che ancora riesce smuovere più consenso – prosegue Noto – è Pierluigi
Bersani perché in quell’area politica è più importante aver fatto le
battaglie che averle vinte”.
Il passato che avanza “L’elettorato
di sinistra paradossalmente è più conservatore dell’elettorato di destra
– spiega Noto – perché è molto meno propenso a guardare lontano”. Un
esempio su tutti? Una eventuale leadership al femminile di Anna Falcone o
Laura Boldrini non è da prendere in considerazione in termini di
appeal.
La prima, che oggi in una conferenza stampa insieme a
Tomaso Montanari presenterà “una proposta pubblica di percorso per
costruire la sinistra di tutte e di tutti” secondo il sondaggista
rappresenta per ora “una nicchia, una parte molto ristretta di
elettorato”, mentre la presidente della Camera “non riscuote consensi
particolari nonostante sia politicamente più giovane di un Bersani o di
un D’Alema”.