Il Fatto 9.10.17
“Restare uniti sarebbe stato sfidare Newton”
“Non ci si può alleare col Pd, fa politiche di destra”
di Antonello Caporale
Il
divorzio a sinistra è consequentia rerum. E anzi, “la cosa che non ho
ancora capito è perchè Giuliano Pisapia non abbia completato il mandato
di sindaco di Milano. Resta un mistero la ragione dell’interruzione a
metà di un lavoro che poteva dare i suoi frutti, perchè si sia fatto
rapire da una suggestione piuttosto che forgiare sul campo, e sottoporre
alla verifica del buon governo quotidiano, la sua leadership”.
Professor Alberto Asor Rosa, appare piuttosto sollevato da questo divorzio.
L’idea
che si potesse costruire una coalizione elettorale di centro sinistra
con un protagonista decisivo quale è il segretario del Pd che ha
attuato, e purtroppo ha in mente di continuare con politiche
distintamente di centro destra, mi sembrava una pretesa che ambisse a
sfidare le leggi della fisica.
Siamo a Newton e alla legge di gravità.
Non
si trattava di diversità trascurabili ma proprio dell’idea comune,
almeno quella, fondativa, condivisa, costituente. Mancavano le basi per
qualunque discorso. Ma dai, suvvia, ma come si fa?
Ora Bersani e
D’Alema sono di qua, Matteo Renzi di là e Giuliano Pisapia, il
costruttore del ponte, rovinato sotto i piloni che avrebbero dovuto
sorreggerlo.
Date le premesse non entusiasmanti della vigilia, rimane la presa d’atto di un divorzio ineluttabile.
E rimane l’idea che la sinistra non riesca che autoaffossarsi.
Partiamo
da una considerazione elementare: questa sinistra nasce da un rifiuto.
Già una tale condizione manifesta la difficoltà del parto, prova che la
gestante è anemica e fragile, documenta che questo processo di
costituzione di una forza politica a sinistra del Pd resta tuttora priva
di una spinta ideale, di un sostegno popolare, di una condizione anche
umana di calore, di simpatia.
È un’operazione di ceto politico?
Tecnicamente
lo è. Volendo essere ottimisti, oppure prendere la questione dal lembo
opposto, possiamo dire che almeno questo ceto politico ha avvistato il
disastro al quale andava incontro e si è fermato, non ha proseguito il
cammino verso il burrone. Ha percepito, per esempio, che le politiche
economiche propugnate da Renzi sono nettamente, distintamente di destra.
Non aggiungo il resto, i rapporti cioè con Berlusconi, la qualità
ideale della conduzione politica, i patti o i baratti et similia. Mi
fermo alle politiche sociali, del lavoro. Se Bersani, D’Alema, quelli di
Sinistra Italiana, anche quelli di Rifondazione, prendono atto che
devono cambiare completamente le carte in tavola….
La rivoluzione, professore, non pare alle porte.
Io
mi auguro solo che questo divorzio, come detto finora tutto interno al
gruppo dirigente, si apra prima possibile alla simpatia e all’aiuto di
un’opinione pubblica oramai così avvilita e distante.
Aggiungendo
alla massa di astenuti coloro che votano Cinquestelle, la sfiducia nel
sistema dei partiti raggiunge effettivamente vette inedite.
Temo
che il precipizio ancora non l’abbiamo conosciuto nella sua interezza.
Perchè l’argine alla disillusione che fino a pochi mesi fa pareva essere
il movimento di Grillo ha iniziato a mostrare crepe piuttosto evidenti.
Provi in un bar di Roma a parlar bene della Raggi: la sommergeranno
ululati di disapprovazione. Anche i Cinquestelle pagheranno lo scotto
della sfiducia e questo rende persino più incredibile che la sinistra
non si adoperi per fare pace con i suoi elettori.
E Massimo
D’Alema è il costruttore del nuovo? È il pompiere tra i duellanti o
piuttosto il piromane? È l’uomo capace di comprendere il presente o il
leader di un passato irrecuperabile?
Su di lui non dico nulla. È libero di fare ciò che crede.
Su Pisapia invece sente di poter spendere due parole.
Mi domando: ma perchè non ha continuato a fare quel che stava facendo? Veramente non l’ho capito. Stava a Milano, era forte…