sabato 7 ottobre 2017

Il Fatto 7.10.17
Carabinieri e migranti pestati. “Il colonnello copriva i suoi”
Aulla - Con altri 36 è inquisito anche il comandante provinciale (trasferito). A luglio era alla conferenza stampa dei pm sui militari arrestati e sospesi
Carabinieri e migranti pestati. “Il colonnello copriva i suoi”
di Ferruccio Sansa | 7 ottobre 2017
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Faceva la conferenza stampa per annunciare l’inchiesta accanto al procuratore. E oggi è indagato perché avrebbe “aiutato i carabinieri indagati ad eludere le investigazioni dell’Autorità”. Tra i 37 carabinieri indagati per lo scandalo che ha travolto l’Arma in Lunigiana c’è anche lui, il tenente colonnello Valerio Liberatori, comandante provinciale dei carabinieri di Massa accusato di concorso in favoreggiamento aggravato. Accanto a lui anche il capitano Saverio Cappelluti, comandante della compagnia di Pontremoli (Massa Carrara).
Lo scandalo che nel giugno scorso aveva riempito le prime pagine dei giornali si arricchisce dell’elemento più clamoroso e allarmante. Forse perfino più delle accuse rivolte a decine di carabinieri che avrebbero picchiato, minacciato, sottoposto a violenze sessuali gli immigrati fermati. Militari che in caserma dicevano: “Noi dobbiamo essere come la mafia”.
Ieri la Procura di Massa ha depositato l’atto di chiusura indagini ed ecco la sorpresa: ci sono 14 nuovi indagati. E c’è soprattutto, a pagina 4, il nome di Liberatori. L’uomo che stava dritto in piedi accanto al procuratore Aldo Giubilaro durante la conferenza stampa. Perché i carabinieri avevano chiesto di condurre le indagini sui loro colleghi per dimostrare che l’Arma era sana. A pagina 11 si entra nel dettaglio: “Dopo la commissione dei delitti aiutavano i carabinieri indagati (e in particolare Alessandro Fiorentino) a eludere le investigazioni delle autorità. In particolare Liberatori dava ordine al Cappelluti, o comunque assumeva insieme a questo la decisione orale, di imporre al luogotenente Tellini, Comandante della stazione di Aulla, di predisporre servizi esterni di pattuglia in cui al Fiorentino (uno dei principali indagati) fosse impedito di continuare a svolgere il ruolo di capo pattuglia… rendendo quindi infruttuosa l’attività di intercettazione predisposta” dai magistrati.
E pensare che, dopo la clamorosa inchiesta, l’Arma aveva deciso di trasferire tutti i carabinieri di Aulla e di sostituire il comandante della stazione. Ma, secondo i pm, ci sarebbe stato chi ai vertici dell’Arma di Massa aiutava i colleghi indagati. Anche il colonnello Liberatori è stato nel frattempo trasferito da Massa Carrara ma per vicende – si era detto – non legate all’inchiesta giudiziaria.
Le accuse, contenute in ben 189 capi di imputazione, toccano brigadieri, marescialli e appuntati. A giugno in 23 erano stati indagati (8 sottoposti a misure cautelari). Quasi tutti i carabinieri di Aulla. E non solo, ci sono anche militari di Pontremoli e di altri comuni della zona. L’obiettivo preferito delle scorribande dei militari accusati sarebbero stati gli immigrati. Alcuni militari avrebbero usato frasi del tipo: “Se parli ti stacco la testa”, “Ti spezzo le gambe”. Poi colpi di manganello sulle mani. Per non dire di scariche elettriche prodotte da due storditori per costringere un presunto spacciatore a parlare. E poi c’è un giovane marocchino che in caserma sarebbe stato “costretto a subire atti sessuali”.
Non solo: gli investigatori per mesi hanno passato al setaccio i registri degli ospedali vicini alla ricerca di persone ferite. Addirittura si è ipotizzato – ma finora non vi sono stati riscontri, né accuse formali – che vi potesse essere una persona scomparsa.
Un’inchiesta partita nel febbraio 2017 che ha diviso profondamente la Lunigiana. Con parte degli abitanti che si è schierata con le forze dell’ordine e contro gli immigrati. Ci sono stati esponenti politici, come Maurizio Gasparri, che avevano espresso solidarietà ai carabinieri. Mentre lo studio del sindaco di Aulla, l’avvocato Roberto Vallettini (Pd), difende diversi carabinieri accusati.
Un atteggiamento che ha fatto sentire sole le persone che avevano denunciato le violenze nonostante le minacce di ritorsione dei carabinieri indagati. Adesso chi ha avuto il coraggio di rompere il muro di omertà si sente ancora più solo. E forse ha ancora più paura.