Il Fatto 6.10.17
1968, la rivoluzione è diventata un cold case
A
distanza - A Valle Giulia c’erano tutti, ma 50 anni dopo, cosa (e chi) è
rimasto del movimento che avrebbe dovuto cambiare il Paese?
di Mario Portanova
Immaginate
una giornata di scontri di piazza durissimi: botte, sassi, molotov,
almeno 400 feriti. Al posto dei black bloc, però, ci sono Giuliano
Ferrara, Paolo Liguori, Paolo Mieli, Ernesto Galli della Loggia, Paolo
Flores d’Arcais, Claudio Petruccioli, Bernardo Bertolucci, Massimiliano
Fuksas… E sul fronte opposto, sotto il casco da “celerino”, Michele
Placido. Sono solo alcuni dei futuri famosi che il primo marzo 1968
presero parte alla battaglia di Valle Giulia, quella che poi Pasolini
eternò nei versi sui poliziotti figli del popolo, schierandosi contro
gli studenti “borghesi”. Versi periodicamente riesumati, da destra e non
solo, quando volano manganellate. Alcuni di quei famosi ricostruiscono,
mezzo secolo dopo, quella giornata storica in un’inchiesta di Fq
MillenniuM, il mensile del Fatto diretto da Peter Gomez, da domani in
edicola con un numero largamente dedicato al ’68. “Mi ricordo un
dibattito piuttosto divertente sulle azioni da compiere: qualcuno
propose di cominciare a lanciare i sassi, ma poi si disse che i sassi ce
li avrebbero rilanciati. Allora si decise per le uova, perché una volta
lanciate non potevano tornare indietro”, ricorda per esempio l’odierna
archistar Fuksas.
Fq MillenniuM approfondisce un aspetto
dimenticato: la presenza a Valle Giulia di gruppi di fascisti
(capitanati da un altro famoso, il leader di Avanguardia nazionale
Stefano Delle Chiaie) che si diedero parecchio da fare nelle azioni più
violente (sulle prove tecniche di strategia della tensione dei “neri”,
Fq MillenniuM pubblica un’inchiesta di Gianni Barbacetto). E Pasolini? A
parte che nessuno ricorda il brano di quella stessa poesia in cui
l’intellettuale chiarisce “siamo ovviamente d’accordo contro
l’istituzione della polizia”, la sua presa di posizione divide ancora
oggi. “Inopportuna”, secondo Lanfranco Pace, oggi giornalista, allora in
piazza a Roma e poi fra i leader di Potere operaio. “La distanza tra
molti degli studenti e quei poliziotti era palese”, afferma invece Galli
della Loggia, oggi commentatore del Corriere della Sera. “I volti degli
uomini in divisa erano davvero volti di contadini”. Per Liguori, che
poi andò in Lotta Continua e oggi dirige Tgcom24, fu invece “una
risposta viscerale di un intellettuale che ci voleva bene”. “E quanto
son cambiato allora”, canta Francesco Guccini in Eskimo. Il grande
cantautore e scrittore scrive per Fq MillenniuM un testo che dal suo ’68
arriva ai giorni nostri: “Non feci mai parte di nessun gruppetto o
movimento”, rievoca. “Ho un ricordo lontano di un sentimento di sospetto
verso il Partito comunista. Del resto nutrivo una certa simpatia, anche
se un po’ superficiale, per alcune frange anarchiche”. Il ’68 italiano
esplode in realtà il 27 novembre 1967, con l’occupazione di palazzo
Campana a Torino. Fq MillenniuM torna sul luogo del “delitto” con lo
storico Giovanni De Luna, a riscoprire vecchie scritte preservate dalle
ristrutturazioni (“Il potere politico sta nelle canne dei fucili”, Mao
Tse-tung) e a rivivere il clima di quegli anni. A partire dal baronaggio
spietato (oggi tutt’altro che scomparso, dicono le cronache), come
quello di un grande italianista che agli esami faceva indossare le
pattine per non rovinare il parquet e ti bocciava se incespicavi.
Ha
senso rivangare il ’68, oggi, quando i suoi protagonisti sono per lo
più incanutiti, imborghesiti, accomodati? Fq MillenniuM cerca di
raccontare, come si fa con un cold case, un momento storico che ha
scosso il mondo. E di sgomberare il campo dalle opposte retoriche che,
come spesso succede, annebbiano i fatti.