Corriere 6.10.17
La crisi catalana rivela un’europa in ostaggio degli Stati-nazione
di Donatella Di Cesare
Si
può forse comprendere l’imbarazzo degli altri Stati europei verso quel
che accade in Spagna, nella cui possibile implosione leggono i presagi
di un pericolo che incombe anche sul loro futuro. Più difficile è
accettare invece quel silenzio dell’Unione Europea divenuto poi difesa
esplicita dello «Stato di diritto». Questa difesa vuol dire nei fatti
sostegno allo Stato spagnolo, senza aperture (a parte la denuncia delle
violenze) alle rivendicazioni del popolo catalano. Ma non si auspicava
la creazione, con l’Europa, di una nuova forma politica post-nazionale?
Rinunciando a svolgere un ruolo attivo di mediazione, in un frangente
così drammatico, l’Ue sembra confermare, con la sua posizione, di essere
il custode rigido degli Stati-nazione. Nulla di più. Il che non può non
deludere profondamente i cittadini europei. E a proposito di
cittadinanza: non si sperava forse, dopo tutti i disastri del secolo
scorso, che si potesse essere «cittadini europei» senza appartenere
necessariamente a uno Stato-nazione? I catalani sarebbero allora
cittadini europei anche se non dovessero più essere cittadini spagnoli.
Altrimenti dovremmo pensare che il passaporto europeo non sia che un
duplicato di quello nazionale. Al contrario di quel che credono i
sovranisti, il limite dell’Europa non è quello di aver messo in
questione la sovranità dei singoli Stati-nazione, bensì di non essere
riuscita a scardinare dal fondo questa vecchia finzione, da tempo in
crisi, più esangue che mai e perciò tanto più avvinghiata al potere.
L’Europa è rimasta ostaggio delle nazioni. La crisi catalana, che non
può essere ridotta allo scontro simmetrico fra due nazionalismi – già
solo perché da una parte c’è un apparato statale – porta alla luce,
oltre alla deleteria finzione dello Stato-nazione, che ovunque minaccia
di implodere, l’incapacità dell’Europa di costruire forme nuove di
cittadinanza e di coabitazione. E non è difficile prevedere che altre
crisi simili si ripeteranno e finiranno per pregiudicare, se non ci sarà
un’altra politica, il precario equilibrio europeo.