venerdì 6 ottobre 2017

Il Fatto 6.10.17
Più “cacicchi” e nominati. Il Rosatellum-2 peggiora
Gli emendamenti per abbassare le soglie in Senato e “gestire” meglio i futuri eletti
di Tommaso Rodano

La maggioranza a guida Pd-Forza Italia-Alfano-Lega che porta avanti il Rosatellum sta riuscendo in un’impresa eroica: prendere gli aspetti più controversi della legge elettorale e renderli ancora peggiori, grazie a un’accurata selezione degli emendamenti in commissione Affari costituzionali. Gli obiettivi sono due: da una parte garantire il massimo della frammentazione, del trasformismo e il più alto numero di liste civetta; dall’altra ottenere il maggior controllo possibile sui nominati nei listini bloccati. Il patto sul Rosatellum bis è solido, la legge degenera: ieri alla Camera sono stati bocciati tutti gli emendamenti delle opposizioni che avevano l’obiettivo di introdurre le preferenze (sia facoltative che obbligatorie) e permettere il voto disgiunto (se si sceglie un candidato in un collegio uninominale, si può votare solo uno dei partiti che lo appoggia). È stata bocciata anche la proposta di Fratelli d’Italia di introdurre un premio di maggioranza per chi dovesse arrivare al 40%.
La maggioranza invece ha segnato una doppietta. Il primo emendamento è già approvato: diminuisce il numero dei collegi plurinominali e di conseguenza aumenta il controllo dei partiti sugli eletti nei listini bloccati. L’altro capolavoro invece è in gestazione: Pd, Forza Italia e Ap stanno lavorando a un emendamento ad hoc per aumentare l’importanza di liste civetta, capibastone locali e alleanze variabili al Senato. Vediamo nel dettaglio. Soglie di sbarramento. L’impianto originale del Rosatellum non cambia: la soglia rimane al 3%. La lista che non supera lo sbarramento ma riesce a racimolare l’1% a livello nazionale “devolve” i propri voti alla coalizione di appartenenza. Questa norma, come noto, favorisce chi ha la capacità di stipulare piccole alleanze territoriali: gli aggregatori delle cosiddette liste civetta.
Questo principio, per la maggioranza, va rafforzato. È pronto un emendamento che abbasserà ancora l’asticella. Lo chiamano “salva Alfano”, e in effetti il partito del ministro degli Esteri ne ha rivendicato la paternità con una nota: “Alternativa popolare chiede che i partiti che non raggiungono la soglia del 3% a livello nazionale, ma la raggiungono in almeno tre Regioni possano eleggere senatori in quelle, e solo in quelle, Regioni”. Traduciamo: basterebbe superare la soglia in Puglia, Sicilia e Lombardia (tre nomi a caso) per portare i propri uomini a Palazzo Madama (non alla Camera).
Sarebbe il trionfo delle alleanze variabili, Regione per Regione, dei notabili e delle clientele (soprattutto al Sud), la garanzia della proliferazione di liste civiche di qualsiasi tipo: cacicchi e capibastone vedrebbero schizzare il proprio valore nel mercato politico. Chi ha studiato le prime proiezioni di questa norma, sostiene che dalla “salva Alfano” potrebbero scaturire addirittura una trentina di senatori, quasi un decimo di Palazzo Madama. Sarebbero eletti sulla base di interessi e fedeltà locali, autonomi dalla coalizione che li ha portati in Parlamento e pronti a ogni grande coalizione a venire.
Meno collegi. Il relatore del Rosatellum, Emanuele Fiano, ha fatto approvare – con una nuova formulazione – un emendamento presentato mercoledì sera dal forzista Paolo Sisto. L’obiettivo è aumentare la grandezza dei collegi plurinominali e, di conseguenza, diminuirne il numero. Fino a ieri – con i criteri stabiliti nel testo originale – i collegi sarebbero stati tra i 75 e i 77. Con le nuove norme fissate dall’emendamento saranno invece circa 65. Sembra un dettaglio irrilevante, non lo è: avere meno collegi significa poterli gestire meglio, avere più controllo dei listini bloccati composti da 2-4 candidati. Per i partiti, insomma, sarà più facile determinare gli eletti: i nominati saranno più nominati.
Grande coalizione.A destra si è litigato per la bocciatura dell’emendamento di Fratelli d’Italia sul premio di maggioranza. Secondo l’ex berlusconiano Ignazio La Russa, con il suo voto contrario Forza Italia ha gettato la maschera: “Osservo che per FI è venuto meno il vincolo col centrodestra; per loro è più importante il vincolo con il Pd. Sembra quasi che cerchino a tutti i costi di perdere per poter poi fare governi con altri e non col centrodestra”.