Il Fatto 6.10.17
Lo spirito del 1948
Basta con le leggi elettorali pensate per zittire gli elettori
La petizione - Per un sistema che sia democratico
di Lorenza Carlassare
Ripubblichiamo
parte dell’intervento che la professoressa Carlassare ha tenuto a Roma
al convegno dei Comitati del No lunedì 2 ottobre
Da anni siamo
costretti a parlare di leggi elettorali: i vertici politici, che non si
rassegnano all’idea di doversi misurare continuamente con le istanze del
corpo sociale, cercano di soffocarle con ogni artificio, contro l’ art.
1 “La sovranità appartiene al popolo” dove il verbo “appartiene” non è
scelto a caso. I Costituenti dopo attenta discussione, lo sostituirono a
“emana”, proposto inizialmente, per evitare il rischio che venisse
interpretato nel senso che il popolo, attraverso il voto, trasferisce la
sua sovranità. Era loro fermissimo intento affermare, senza equivoci,
che la sovranità è del popolo e nel popolo continua a rimanere. Non è
legittimo recidere i canali di trasmissione delle domande sociali alle
istituzioni: alla legge elettorale non è consentito.
La
Costituzione del 1948 è frutto dell’impegno collettivo di persone
animate da grandi speranze e profondi ideali, unite nell’intento di dar
vita a un sistema nuovo fondato sui valori di libertà e democrazia
appena ritrovati, che si volevano salvaguardare in futuro. In una
straordinaria stagione ricca di fermenti vitali ogni scoria del cupo
passato era allontanata, così come ogni artificio antidemocratico di cui
si era avvalso il regime: maggioranze truccate, premi per dominare
schiacciando gli avversari politici, liste bloccate imposte agli
elettori . L’obiettivo era la partecipazione “la partecipazione di
tutti” come dice l’art. 3; e lo conferma l’art. 49: i cittadini, “Tutti i
cittadini” – precisa la norma – hanno il diritto associarsi in partiti
“per concorrere con metodo democratico alla determinazione della
politica nazionale”. Nessuno escluso.
Nello spirito del 1948 non
poteva esserci che un sistema proporzionale con una modalità di voto in
grado di tener saldo il rapporto fra elettori ed eletti: “La sovranità
spetta tutta al popolo che è l’organo essenziale della nuova
costituzione… l’elemento decisivo, che dice sempre la prima e l’ultima
parola”. E dunque, il fulcro dell’organizzazione costituzionale è nel
Parlamento “che non è sovrano di per se stesso; ma è l’organo di più
immediata derivazione dal popolo”, si legge nella Relazione di Meuccio
Ruini all’Assemblea costituente.
E il popolo è costituito da tutti
i cittadini, altrimenti si ha una democrazia dimezzata. Secondo “la
definizione minima” di Norberto Bobbio, per “regime democratico
s’intende primariamente un insieme di regole e di procedura per la
formazione di decisioni collettive, in cui è prevista e facilitata la
partecipazione più ampia possibile degli interessati”. Era questo il
pensiero dei Costituenti.
Durante i lavori della Commissione dei
75 (Seconda Sottocommissione, 7 novembre 1946), il grande
costituzionalista Costantino Mortati propose di inserire in Costituzione
il principio della rappresentanza proporzionale “perché costituisce un
freno allo strapotere della maggioranza e influisce anche, in senso
positivo alla stabilità governativa”. Prevalse invece l’idea di lasciare
la materia elettorale alla legge ordinaria anche più tardi, quando se
ne discusse in aula; un emendamento presentato dall’on. Giolitti non fu
approvato.
Ma il suo contenuto, è importante ricordarlo,
trasformato in ordine del giorno, venne invece approvato: “L’Assemblea
costituente ritiene che l’elezione alla Camera dei deputati debba
avvenire secondo il sistema proporzionale” (23 settembre 1947). È un
impegno solenne. Non si può dunque affermare, come di recente Fusaro,
che la Costituzione “nulla dice… su come trasformare i voti in seggi.
Nulla. Ma proprio nulla di nulla”. Se la Costituzione non ne parla
espressamente, il principio della rappresentanza proporzionale è
implicito nel sistema complessivo oltre che in precise disposizioni:
articolo 72 – le Commissioni in sede legislativa devono essere composte
“in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari”;
articolo 82 – ciascuna Camera, esercitando il potere parlamentare
d’inchiesta, nomina “fra i propri componenti una Commissione formata in
modo da rispecchiare la proporzione fra i vari gruppi”; art. 83 –
all’elezione del presidente della Repubblica “partecipano tre delegati
per ogni Regione, eletti dal Consiglio regionale in modo che sia
assicurata la rappresentanza delle minoranze”. Un sicuro “plurale” che
non ha nulla di generico.
Il modello dei Costituenti, sottolineava
Livio Paladin, è quello delle “democrazie di stampo liberale e dunque
pluralistico che vuole temperare il principio maggioritario sia
attraverso la rigidità della Costituzione e il controllo di
costituzionalità sulle leggi, sia garantendo le libertà fondamentali, a
cominciare dalla libertà di associazione e di manifestazione del
pensiero”.
Le minoranze sono l’essenza del costituzionalismo
liberale e sulla possibilità di far sentire la loro voce sono basati gli
istituti giuridici posti a tutela dei diritti costituzionali , dai
diritti di libertà ai diritti sociali. Per garantirli le Costituzioni
esigono che la loro disciplina sia riservata alla legge, approvata dal
Parlamento dove hanno voce anche le minoranze e non da fonti del governo
dove la sola maggioranza è presente.
La distorsione della
rappresentanza – dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale –
alterando la composizione delle Camere si ripercuote pesantemente sulla
vita dei cittadini: in assenza di voci in grado di difenderli i diritti
sono gravemente incisi, il pensiero minoritario sacrificato. Ormai, che
la norma sia fatta dal governo o dal Parlamento dove la maggioranza
domina incontrastata, è la stessa cosa. Soffocate le minoranze, a nulla
vale la rigidità della Costituzione; a tutelarla non bastano le garanzie
giuridiche: se non sono accompagnate dalle garanzie politiche
assicurate dal pluralismo risultano del tutto inefficaci. Una
maggioranza artificialmente creata non trova più i limiti politici
consueti in democrazia; le altre forze, ridotte all’irrilevanza, come
possono svolgere un’opposizione efficace?