Il Fatto 30.10.17
“L’allarme di Grasso è grave. Il Colle valuti bene se firmare”
Il magistrato e l’iter del Rosatellum: il Presidente del Senato ha parlato di “comportamenti che imbarazzano le istituzioni”
di Sandra Amurri
“Se
dopo l’approvazione del Senato la promulgazione della legge elettorale
da parte del Presidente della Repubblica appariva scontata, oggi, stante
il giudizio sulla stessa che ha accompagnato le dimissioni dal Pd del
Presidente del Senato Piero Grasso, non sembra esserlo più”. “…Assisto a
comportamenti che imbarazzano le istituzioni e ne minano la credibilità
e l’indipendenza”. A spiegarne le ragioni è Otello Lupacchini,
magistrato di lungo corso ed esperienza che va dalla Banda della
Magliana agli omicidi del giudice Mario Amato, del banchiere Roberto
Calvi, del professor Massimo D’Antona, alla strage di Bologna. Oggi è
Procuratore Generale di Catanzaro.
Dottor Lupacchini, Mattarella,
rispondendo alla domanda di un ragazzo della delegazione di studenti
delle scuole superiori al Quirinale su cosa fa quando le arriva una
legge che non le piace ha detto: ”Non contano le mie idee perché non è a
me che la Costituzione affida il compito di fare le regole con le
leggi…” avendo io piuttosto “l’obbligo di firmare, perché guai se ognuno
pensasse che le proprie idee personali prevalgono sulle regole dettate
dalla Costituzione”. Però, ha aggiunto “C’è solo un caso in cui posso –
anzi devo – non firmare: quando arrivano leggi o atti amministrativi che
contrastano palesemente, in maniera chiara, con la Costituzione”. Ecco,
dottor Lupacchini, esiste la possibilità che il giudizio tranchant del
Presidente del Senato possa evocare un contrasto con la Costituzione?
A
norma dell’art. 73 della Costituzione, le leggi “sono promulgate dal
Presidente della Repubblica”, dopo aver esercitato sulle stesse un
controllo non puramente formale. Che, infatti, controllo e promulgazione
siano “due” attività distinte lo dimostra il fatto che il Presidente
della Repubblica, sempre a norma del citato articolo 73 può rinviare il
testo alle Camere, alle quali con messaggio motivato chiede una nuova
deliberazione. È ovvio che il Presidente non abbia alcun obbligo di
rinviare alle Camere con messaggio motivato la legge elettorale appena
approvata, magari piegandosi alla sola pressione della piazza. Egli
dovrebbe, tuttavia, esercitare il potere di veto sospensivo se, al
controllo, emergesse che la legge contrasta con la Costituzione e/o che i
contenuti della legge stessa possono turbare l’equilibrato
funzionamento delle istituzioni”.
Ma “comportamenti che
imbarazzano le istituzioni e ne minano la credibilità e l’indipendenza”
come dichiara Grasso, potrebbero costituire un turbamento,
dell’equilibrato funzionamento delle istituzioni?
Non ho titolo
per interpretare il messaggio veicolato dalle parole del Senatore
Grasso. Ritengo, però, che, proprio di fronte al suo giudizio
pesantemente critico, espresso, credo, quale presidente del Senato, il
controllo preventivo del Capo dello Stato dovrà essere, se possibile,
ancor più penetrante. In ogni caso, il Presidente della Repubblica dovrà
verificare se la nuova legge elettorale sia rispettosa dei principi
esigibili dalle reiterate declaratorie di illegittimità di quelle che
l’hanno preceduta: non vi è, infatti, il tempo per ottenere la
correzione degli eventuali vizi mediante il ricorso alla Consulta,
sicché, proprio per effetto della “prorogatio” delle Camere, quantunque
elette con regole successivamente dichiarate illegittime dalla Corte
costituzionale, si potrebbe assistere ancora una volta alla
sopravvivenza, di fatto sino a scadenza naturale, di un Parlamento
potenzialmente illegittimo. In ogni caso, considerata l’ampia
maggioranza con cui la legge elettorale è stata approvata, non sarebbe
un dramma se il Presidente della Repubblica la rimandasse alle Camere:
vi sarebbe tutto il tempo, prima della scadenza naturale della
legislatura, per riapprovarla modificata.