Il Fatto 2.10.17
Hanno distrutto i nostri valori
Futuro della sinistra. Insieme o contro il Pd?
di Tomaso Montanari
Antonio
Padellaro scrive che se la sinistra non sarà rappresentata nel prossimo
Parlamento, i responsabili faranno “bene a espatriare”. Sono d’accordo:
è per questo che, il 18 giugno scorso, ho lanciato – al Teatro
Brancaccio, con Anna Falcone e quasi duemila persone – un appello per
“una sola lista a sinistra”.
Ma non parliamo della stessa
“sinistra”. Padellaro è convinto che il Partito democratico ne faccia
parte, e che le divisioni dentro e fuori quel partito siano tutte
imputabili alle “inimicizie personali” di Matteo Renzi e ai simmetrici
personalismi dei troppi leader che si contendono il “comando”. Ma se c’è
una cosa che appare chiara proprio leggendo il Fatto Quotidiano è che
il Pd è un partito che da tempo non ha nulla a che fare con la sinistra:
esso ha invece preso il posto della vecchia Democrazia cristiana, senza
averne tuttavia la cultura né una sinistra interna altrettanto efficace
e preparata. È il partito del potere: perché ha inteso il potere come
un fine. L’unico.
L’Italia così com’è (segnata dalla massima
crescita europea della diseguaglianza, Regno Unito escluso) è un
prodotto del Pd, che – insieme ai partiti di cui è erede, nella formula
del centrosinistra – ha governato più a lungo di Berlusconi. Lo
smontaggio dello Stato, la distruzione del pubblico e la negazione
sistematica di pressoché tutti i principi fondamentali della
Costituzione sono da imputare al Pd almeno quanto a Forza Italia.
Arrivati
a Renzi, il problema non è stato il “personalismo” (pure odiosamente
pervasivo): ma la definitiva distruzione dei diritti dei lavoratori
(Jobs act), la spallata finale alla scuola pubblica (la Buona scuola),
la mazzata inflitta all’ambiente (lo Sblocca Italia di Maurizio Lupi),
la mercificazione completa del patrimonio culturale e la fine della
tutela (la “riforma” Franceschini) e via elencando. Con Minniti, poi,
siamo arrivati all’eradicazione dell’articolo 10 dalla Costituzione e a
una politica securitaria per la quale i militanti di Fratelli d’Italia e
Lega si spellano le mani. Un partito che blocca lo Ius soli mentre
approva un maxi-condono per l’abusivismo edilizio: è questo il Pd.
A
“espatriare” farebbe bene una sinistra pronta a sostenere e prolungare
tutto ciò. Votare Pd per fermare la destra vuol dire ripetere l’errore
di chi era convinto che la visione di Sanders fosse utopica e
minoritaria e ha imposto la Clinton in nome del “realismo”: sappiamo
com’è finita. Fermare la destra facendo la politica della destra serve
solo a rinviare lo schianto finale, rendendolo ancora più devastante.
In
tutta Europa sono nati movimenti radicali di sinistra (che usino o meno
questa parola nel loro nome), che contestano alla radice lo stato delle
cose e le politiche di centrosinistra degli ultimi vent’anni, rigettano
il dominio della finanza sulla politica e rivendicano il diritto di
governare puntando al “pieno sviluppo della persona umana” e non
obbedendo al mercato. Tutti partiti meno “a sinistra” di papa Francesco,
sia chiaro: tanto per dire quanto sia insensato parlare oggi di
“centrosinistra” sul piano culturale.
Manca quasi solo l’Italia, e
spero che il percorso del Brancaccio possa – con il tempo che ci vorrà –
generare qualcosa di simile. Ma un simile progetto non può certo
iniziare sostenendo gli alfieri dello stato delle cose. Alle prossime
elezioni ci saranno tre, diverse, destre: quella padrona del marchio, i
5stelle di Di Maio e il Pd di Renzi. Una sinistra che voglia rovesciare
il tavolo dello stato delle cose non può allearsi con nessuna delle tre.
E
i numeri? Si può decidere di rivolgersi solo al 50% che vota, o
decidersi finalmente a parlare all’altra metà del Paese, con un
linguaggio nuovo e radicale. È la metà riemersa il 4 dicembre,
determinando la vittoria del No: laddove i flussi elettorali dimostrano
che l’85% dei votanti Pd ha scelto il Sì.
Siamo, dunque, a una
scelta di campo. L’oracolare Giuliano Pisapia ha infine detto che sarà
al fianco del Pd, mentre MdP deve ancora decidere: tutti gli altri
vogliono un quarto polo. Non so come finirà: ma se ci si divide tra chi
vuole lasciare tutto così com’è, e chi vuole invertire la rotta non è
uno scandalo, è onestà intellettuale. Lo scandalo è non averlo fatto
prima: oggi saremmo al 20 per cento. O al governo.