Il Fatto 27.10.17
Lo scrigno delle verità rimarrà vuoto
Complotti & segreti - Il meccanismo del potere non può ancora essere scalfito dai nuovi elementi pubblicati
di Furio Colombo
Non
è il mito di Kennedy, del giovane presidente della nuova frontiera,
l’uomo che si era imposto subito come leader che rassicura prima ancor
di sapere perché, che sta creando tensione e attenzione mentre finisce
l’attesa e alcuni documenti stanno per essere svelati. Non stiamo
aspettando di sapere alla fine chi ha ucciso l’uomo che ha portato
speranza non nel senso affettuoso e protettivo della parola, ma come
qualcuno che sa da che parte è il futuro. No, non è del destino di
questo Kennedy che il mondo è in attesa. Siamo di nuovo sull’orlo del
complotto (rileggete il testo di Umberto Eco ripubblicato ieri sul
Fatto, e tratto da Le spalle del Gigante (La Nave di Teseo,
Milanesiana). L’impressione diffusa è che sta per essere strappata una
maschera e sta per comparire il volto o il nome, o il gruppo o l’intrigo
che hanno costruito quella morte pubblica e crudele a cui il mondo
intero ha potuto assistere assieme a Jackie Kennedy, la donna elegante e
bella, intatta accanto al sangue e alla morte che ha raccolto fra le
mani Il cervello di Jack (così chiamava il marito).
Sappiamo tutti
che niente appare sensato e coerente nell’assassinio che avrebbe
cambiato la storia e che avrebbe contato nel mondo molto più che a
Washington. Sappiamo tutti che una narrazione costruita, fatale o
sbagliata, copre ogni tratto della storia e del destino dei suoi
protagonisti. E quell’accumulo di dettagli falsi non ha un
corrispondente e simmetrico accumulo di verità negate. C’è solo un’abile
e prodigiosa cancellatura. C’è, e si troverà, il vuoto là dove si
aspetta di scoperchiare il più abile, complicato ed efficace complotto
dell’altro secolo, evento che importa ancora adesso. Fin da allora si è
verificato il fenomeno che corrisponde alla frase (così
intelligentemente usata da Sofia Coppola per in suo film) Lost in
translation
, qualcosa che va perduto nella traduzione dalla
verità all’indagine. E si può capire – anche se non spiega nulla – che
le indagini, anche le più autorevoli, non sono e non possono essere la
rivelazione di nulla, perché troppe parti di esse son legate a troppe
cose che non sono destinate alla rivelazione. Non lo sono perché nella
rivelazione, misteriosamente, diverrebbero altro, o apparirebbero
incomprensibili. È la vera macchina del segreto di Stato, destinato a
pietrificare la realtà. È inevitabile notare che le migliori
intelligenze che si sono confrontate con quel delitto, per lucro o per
passione, per patriottismo e per fini politici opposti, hanno sempre
toccato il vuoto, benché di volta in volta abbiano spinto avanti
presunti protagonisti, presunte ragioni e presunti colpevoli con enfasi e
convinzione a volte sincera. Siamo di fronte a una porta magica che non
si apre perché non conosciamo le parole, come nelle fiabe e leggende?
No. È che non sono disponibili, non adesso, non per ora, non in questa
fase della storia, le parti della vicenda (nel prima, nel durante, nel
dopo) che avvicinerebbero alle ragioni, o almeno a certe ragioni o
motivazioni, interessi. È stata costruita una macchina che, una volta
chiusa, resta chiusa. O perché era troppo piccola per essere afferrata
dalle mani degli indagatori del potere o, al contrario, gestita da un
potere più grande del potere. Sappiamo solo che avremo molto materiale
per iniziare nuove frenetiche spedizioni di ricerca. E per riprendere
un’immensa conversazione. Non avremmo nulla per sapere chi ha ucciso JFK
e perché.