Il Fatto 25.10.17
La stanca resa del Senato come nel 1923 a Mussolini
Oggi
5 fiducie in aula - Mdp va al Quirinale: “Fuori dalla maggioranza”.
Sulla legge elettorale niente più pathos e Napolitano è l’eroe della
resistenza di Palazzo
di Fabrizio D’Esposito
Il
Senato viene tramortito da ben cinque fiducie sul Rosatellum, la legge
elettorale più impresentabile del mondo, e Federico Fornaro dice: “È
come nel 1923 con la legge Acerbo di Mussolini”. Seguono citazioni
aggiuntive di De Gasperi sulla legge truffa del 1953 e Renzi
sull’Italicum. Ma è quel paragone con il regime fascista che colpisce.
Per un motivo preciso: sino alla fine del febbraio scorso, manco otto
mesi fa, Fornaro era nel Pd. Oggi è in Articolo 1 e ieri mattina in aula
a Palazzo Madama ha svolto un intervento molto intenso. Nel pomeriggio
il suo umore peggiora dopo l’annuncio della fiducia. “Hanno tolto pure
la discussione generale sul provvedimento. Certo che mi pesa questo
paragone con il regime fascista, il Pd è un partito che ho contribuito a
fondare e si è comportato pure peggio di Berlusconi, ma stavolta non
vedo girotondi o assedi al Quirinale”. Amarezza e rassegnazione. E la
rabbia per il tradimento delle radici antiche. Il Pd per quelli che oggi
gridano al fascismo è come un papà degenere. Ma qui ci vorrebbe solo
Freud. In serata Articolo 1 va anche al Colle per dire a Mattarella che
non è più in maggioranza.
Il Senato e la democrazia parlamentare
sembrano però morire in un clima senza sussulti. Certo, la combattiva
Loredana De Petris di Sinistra Italiana occupa lo scranno del presidente
Pietro Grasso e alcuni grillini si mettono le bende sugli occhi, ma
tutto scorre verso una deriva ineluttabile. Ecco lo snodo di questo caos
calmo, anzi di questa calma piatta che si osserva nel salone che porta
all’aula. I senatori fanno avanti e indietro dalla buvette e poi si
fermano amabilmente a parlare con altri colleghi. Il verdetto già
scritto ammazza finanche il pathos. Nel citato ’53 della legge truffa
del democristiano De Gasperi proprio a Palazzo Madama i compagni
comunisti, Mauro Scoccimarro in testa, fecero volare sedie, bicchieri e
persino banchi con annessi calamai. Era la Domenica delle Palme.
Ieri
invece era il 24 ottobre, che nel calendario gregoriano corrisponde al 7
novembre. L’inizio della rivoluzione russa. Cent’anni fa. A ricordarlo
in aula è Mario Tronti. Una rivoluzione con tre parole d’ordine: pace,
terra, pane. Tronti dixit, facendo arrabbiare il vigilante democratico
Maurizio Gasparri, ex Msi ed ex An, che trova “sconcertante e
vergognoso” l’omaggio dell’anziano senatore comunista, tuttora nel Pd.
Uno dei vari paradossi nel mortorio di ieri, preludio più al 2 novembre
che al 7 rivoluzionario.
Il paradosso più evidente riguarda un
altro ex comunista di rango: Giorgio Napolitano. L’uomo che si fece re
al Quirinale per lunghi nove anni, imponendo Monti o firmando la riforma
istituzionale con incorporato l’Italicum, si trasfigura nell’eroe della
finta resistenza di Palazzo in questo caos calmo. Un paradosso,
appunto. È suo il dissenso che più incute paura agli occhiuti uomini
macchina del Pd renziano. “Zanda lo sta chiamando in continuazione per
capire che dirà e come voterà”. Zanda di nome fa Luigi ed è il
capogruppo dei democratici. In ogni caso, il mistero principe di questo
mortorio sarà svelato oggi quando il presidente emerito, o Re Giorgio a
seconda dei punti di vista, prenderà la parola in aula. Il suo
intervento cambierà le sorti della disperata pugna?
Difficile, se
non impossibile. Le assenze per congedo o missione faranno abbassare il
numero legale. Si pronostica un maggioranza dai 136 ai 140 voti, di
molto inferiore ai teorici 161. La mossa dovrebbe servire anche a non
enfatizzare il voto degli scomodi verdiniani di Ala, considerati dal Pd
non necessari. La direttiva dei renziani è di nasconderli, a cominciare
dal loro capo Denis Verdini, considerato il vero autore del Rosatellum.
È
così? Risponde l’indomito Vincenzo D’Anna che, nonostante il menisco
malandato, oggi sarà in aula per votare: “Questo testo riprende molte
cose dalla proposta originaria di Verdini. Denis è il migliore in
materia. Questa legge è l’ideale per l’unico governo possibile: quelle
delle larghe intese tra Berlusconi e Renzi”. Viva la sincerità. I
verdiniani sono 14 e voteranno compatti a favore. La conferma è di Ciro
Falanga, estensore di un noto ddl sull’abusivismo edilizio: “Ho
illustrato il Rosatellum al gruppo e ho detto che è una buona legge”.
A
scanso di equivoci, per blindarsi da brutte sorprese, anche il
capogruppo azzurro Paolo Romani si è dato molto da fare, avvicinando
colleghi di forze diverse per appurare il loro voto. Forza Italia non
sarà presente, ma qualora dovesse servire fornirà uomini e donne per
mantenere il numero legale. Tutto è compiuto, o quasi.