martedì 24 ottobre 2017

Il Fatto 24.10.17
“È il tessuto sociale a essersi incarognito”
Emanuele Trevi - Lo scrittore: “Non è il saluto fascista di un cretino: si scambia l’orrore per uno sfottò
di Lorenzo Giarelli

Emanuele Trevi, le curve italiane si rendono protagoniste di un altro episodio di odio. Questa volta tocca all’antisemitismo.
È un gesto orrendo e la condanna non può che essere totale, soprattutto perché il fatto è avvenuto a Roma, città con una comunità ebraica molto viva e in cui si è sviluppato uno dei ghetti più antichi del mondo.
Proprio l’immagine di Anna Frank, poi, ha un significato particolare.
Utilizzare un simbolo di luminosità e di libertà come fosse un insulto per qualcuno, se possibile, aggrava la situazione: la storia di Anna Frank è servita a milioni di persone in tutto il mondo per sopravvivere in contesti anche molto diversi.
Dobbiamo ricondurre il fatto all’opera di qualche deficiente o c’è di più?
Quando c’è di mezzo l’antisemitismo c’è sempre qualcosa di più profondo. È un punto di non ritorno per la società ed è facile che sia anche legato a rigurgiti di violenza.
È una parte di società malata, quindi?
Gesti del genere sono molto gravi, non è il saluto fascista di qualche cretino: è la spia di un incarognimento del tessuto sociale che ci indica che ancora, nel 2017, c’è una parte della società marcita, che scambia una cosa orribile per qualcosa che può rientrare nel gioco, negli sfottò del tifo.
A proposito di saluti romani, abbiamo visto anche quelli a Roma…
Sì, ma i gesti di Di Canio (l’ex capitano della Lazio che si era rivolto col saluto fascista alla sua curva, ndr) erano molto meno gravi degli episodi di antisemitismo.
Non è la prima volta che il fotomontaggio di Anna Frank viene fatto circolare e non è la prima volta che dobbiamo parlare di antisemitismo negli stadi. Come mai questo problema ritorna a distanza di mesi?
Questi episodi tornano perché qualcuno li vuole far tornare, è evidente che ci sia una regia dietro, considerando anche che adesso, con i social network, le immagini possono essere riprodotte all’infinito e quindi messaggi di questo tipo hanno molto più potenziale di diffusione.
Ma ci siamo arresi a non poter fare niente per contrastare certi atteggiamenti negli stadi?
Non può essere così, sarebbe un pensiero insopportabile. Non possiamo accettare che in alcune forme di aggregazione – in questo caso gli stadi – ci possa essere un tasso di inciviltà che non riusciamo a governare e su cui non si può intervenire.
Le leggi sono insufficienti?
Le varie norme, dalla legge Mancino alla recente legge Fiano, pur avendo nobili intenti, credo non siano efficaci. Le leggi spesso vanno a strascico, ma l’antisemitismo è qualcosa di più serio, non può essere trattato come un caso di maleducazione qualsiasi.
Come se ne esce, allora?
Credo che la strada migliore siano ancora la scuola e l’educazione in genere. Questi strumenti hanno un effetto continuato nel tempo, formano le generazioni e sono i pilastri su cui si regge la società.
Più che occuparsi dell’estremismo nelle curve, quindi, bisogna fare i conti con un tema più ampio?
La chiave deve essere ricostruire il tessuto sociale e civile e fare in modo che atteggiamenti come l’antisemitismo siano condannati da tutti. La nostra società, non solo le curve, non può permettersi l’antisemitismo, allo stesso modo di come non può permettersi il jihadismo o altre atrocità del genere.