Il Fatto 24.10.17
Secondo atto - Tempi stretti e regolamenti ignorati anche a Palazzo Madama
Dopo le infinite forzature di Montecitorio, siamo all’ennesimo sfregio alla Costituzione
di Marco Podetta
Nella
corrente legislatura si sta assistendo a un “salto di qualità” rispetto
al costante svilimento della dialettica parlamentare perpetrato
attraverso la sistematica forzatura delle regole procedurali poste a
garanzia della democraticità dell’assunzione della decisione politica.
Anche l’iter parlamentare del Rosatellum-bis risulta costellato da una
serie di strappi procedurali, che non si sono esauriti nel suo passaggio
alla Camera con l’ammissione della posizione della questione di fiducia
e con l’irregolare correzione di un errore formale senza passare da un
voto dell’Aula, come invece richiesto dall’art. 90, comma 1, Regolamento
Camera. La maggioranza ha infatti sin da subito dimostrato di non avere
alcuna intenzione di procedere ad un serio esame del testo, nel
rispetto delle regole procedurali previste, neppure al Senato.
Ciò
è reso evidente dall’incalzare delle scadenze da subito fissate per la
“discussione” del provvedimento, il cui esame è cominciato solo il
pomeriggio del 17 ottobre: presentazione degli emendamenti in
Commissione entro le ore 10.00 del 20 ottobre; presentazione degli
emendamenti per l’Aula entro le ore 13.00 del 23 ottobre; approdo del
testo in Aula il 24 ottobre; prosecuzione dell’esame in Assemblea con
sedute uniche (ossia ingiustificatamente con una procedura non
ordinaria) nei giorni seguenti per cercare di giungere al più tardi
venerdì 27 ottobre alla votazione finale.
Questo significa che la maggioranza conta di completare l’intero iter legis al Senato – al massimo – in soli 10 giorni!
Anche
l’audizione di esperti svolta il 19 ottobre, che ha peraltro portato
alla luce molti aspetti critici dello stesso anche sotto il profilo
della legittimità costituzionale, è stata dunque per forza di cose,
visti i tempi ipercontingentati, solo un (cattivo) esercizio di stile.
È
poi addirittura grottesco che la Commissione sia stata convocata per
discutere e votare gli emendamenti alle ore 16.00 e alle ore 20.00 del
23 ottobre, ossia dopo il termine per la presentazione degli emendamenti
per l’Aula. Sembra di essere di fronte alle degenerazioni delle regole
acceleratorie relative all’iter di conversione dei decreti-legge.
La
volontà della maggioranza è stata quella di saltare lo svolgimento di
un vero esame referente in Commissione, mirando soltanto a portare il
testo quanto prima in Aula, impedendo ogni modificazione.
Pare poi
facile prevedere che anche al Senato la maggioranza chiederà al Governo
(secondo una logica perversa e bizzarra) di porre la fiducia per
evitare voti segreti (possibili in particolare, a norma dell’art. 113,
comma 4, Regolamento Senato, con riferimento a votazioni che riguardano
le minoranze linguistiche).
Si è sentito parlare a tal proposito
di una possibile fiducia “tecnica” che potrebbe godere dell’appoggio
anche di una parte dell’opposizione, il che non fa altro che
testimoniare l’assoluta stortura dell’utilizzo di questo istituto
all’unico scopo di godere d’imperio di ingiustificati vantaggi
procedurali (non essendo in gioco in realtà alcuna votazione
fiduciaria!).
L’art. 72, comma 4 della Costituzione che prescrive
l’utilizzo della procedura legislativa normale in materia elettorale,
sembra però escludere, se correttamente interpretato, la legittimità
dell’utilizzo di tale strumento.
Peraltro, anche accedendo
all’interpretazione restrittiva di tale disposizione, sulla base della
quale è stato permesso nei giorni scorsi l’utilizzo di questo istituto
sullo stesso testo alla Camera, si pone in ogni caso un problema di
legittimità costituzionale. Infatti, anche se fosse vero che la
“procedura normale” è “semplicemente” quella per cui le leggi sono
esaminate prima dalle Commissioni e poi dall’Aula, la stessa non può
comunque dirsi rispettata nel caso in esame, in cui non si è tenuto di
fatto nemmeno un vero esame in Commissione.