Il Fatto 21.10.17
“Le indagini a Siena su David Rossi, roba di un altro mondo”
L’ex procuratore capo di Firenze: “C’è stata tanta superficialità. Sono davvero sorpreso da tutte queste sviste”
di Davide Vecchi
Ascolta
con attenzione l’elenco delle falle individuate nella prima inchiesta
svolta sulla scomparsa di David Rossi, il manager di Mps e braccio
destro di Giuseppe Mussari, trovato morto la sera del 6 marzo 2013. Una
vicenda per ben due volte liquidata dalla Procura di Siena come
suicidio, seppure in entrambe i decreti di archiviazione ci siano
evidenti errori. Ascolta i dettagli. I sette fazzoletti sporchi di
sangue distrutti da un magistrato senese, Aldo Natalini, senza prima
analizzarli e ancora prima che la fase delle indagini si fosse conclusa.
Dei telefonini di Rossi usati da qualcuno degli inquirenti entrati
nell’ufficio del manager dopo la sua morte. Delle mancate acquisizioni
di tabulati, video di sorveglianza. Ascolta tutto. Solo alla fine prende
la parola: “Ho sentito cose strane”, francamente “mai sentite nella mia
modesta esperienza”. Modesta è un eufemismo: 47 anni trascorsi in
magistratura la maggior parte dei quali nella veste di procuratore capo
di Firenze.
Ubaldo Nannucci, classe 1933, ha dedicato la vita alla
giustizia. E di cadaveri, omicidi o presunti suicidi, ne ha visti fin
troppi. Basti pensare che si è occupato da procuratore capo di tutti i
duplici delitti del mostro di Firenze. Insomma: un’esperienza
decisamente non modesta, la sua. Così, dopo aver assistito nel capoluogo
toscano alla presentazione del libro Il caso David Rossi, il suicidio
imperfetto (edito da Chiarelettere), prende la parola per esprimere
tutto il suo stupore. “Quando c’è una morte per causa sconosciuta si
chiama la polizia scientifica, la quale fa una repertazione accurata di
tutti gli elementi, viene steso un verbale, ogni elemento viene
sigillato in una apposita busta, tutto l’insieme di questi elementi
costituisce materiale essenziale per lo sviluppo dell’indagine. Sento
dire, leggerò il libro e cercherò di capire”. Ieri il Fatto lo ha
ricontattato.
Procuratore ha letto?
Sono un po’ sorpreso.
Da qualcosa in particolare? Da come sono state svolte le indagini in generale?
Effettivamente è un modo di procedere disinvolto, diciamo così.
Cominciamo dai reperti?
I fazzoletti col sangue che sono spariti, ad esempio, mi pare francamente un altro mondo.
Distrutti. Prima ancora che il gip disponesse l’archiviazione o un supplemento di indagini.
Sicuramente qualche superficialità c’è stata.
Gli inquirenti hanno risposto almeno a una telefonata dal cellulare di Rossi.
Non
capisco, guardi. Solitamente la procedura è una. La polizia scientifica
interviene e prima di tutto fa le foto dell’ambiente, reperta ogni
oggetto e cerca le impronte. Tutto viene repertato e sequestrato, viene
stilato un verbale e quel materiale viene trasmesso all’ufficio dei
corpi di reato dove viene analizzato a seconda delle necessità
dell’inchiesta.
E conservato?
Sono elementi indispensabili per le indagini.
Lei
ha recentemente pubblicato un libro con Aracne editrice dal titolo
Storia critica delle leggi di ordinamento giudiziario inerente proprio
ai guai della giustizia.
Sì, nel testo suggerisco anche i
possibili rimedi ma ai guai della giustizia, sullo svolgimento delle
indagini, diciamo che il metodo è quello che ho enunciato poc’anzi.
Nelle
carte di Siena ci sono anche degli errori evidenti. Nel secondo decreto
di archiviazione, ad esempio, il gip scrive che un testimone è stato
sentito e invece non è vero. A lei è capitato di trovarsi di fronte
decreti con degli errori simili?
Mai. E mi sorprende, francamente è una svista notevole.
Il
procuratore capo di Siena Salvatore Vitello, incalzato da Le Iene, non
ha voluto rispondere nel merito dell’errore ma ha detto che se i
familiari presenteranno istanza per riaprire il caso lui darà seguito.
Non l’hanno mai richiesto?
Almeno
tre volte. Di cui uno alla Procura generale di Firenze che non ha
avocato ma ha trasferito gli atti di nuovo a Siena. Inutilmente.
Beh,
sicuramente i legali dovrebbero individuare e far emergere nuove
risultanze, penso sia l’unica strada per far riaprire le indagini. Anche
se…
Anche se?
Sono passati diversi anni.
I reperti
sono stati distrutti, molti elementi non sono stati acquisiti, alcune
persone mai individuate né sentite. Insomma: dopo ormai quattro anni e
tutto questo è difficile?
Già.