Il Fatto 20.10.17
Thyssen, ultima prova per Berlino
La sentenza - Roma chiede l’arresto dei manager responsabili dei 7 morti
di Ferruccio Sansa
Una
richiesta della giustizia italiana da mesi senza risposta. Il ministro
Andrea Orlando che ha scritto al collega tedesco. E ancora silenzio. Ora
scopriremo davvero la lealtà e la fiducia della Germania verso
l’Italia: la sentenza definitiva di condanna dei manager tedeschi della
Thyssen non serve soltanto per fare giustizia e stabilire le
responsabilità per l’incidente che nel 2007 provocò la morte di sette
operai. È un’occasione per capire quali siano davvero – al di là di
cortesie istituzionali e strette di mano ai summit – i rapporti tra noi e
il Paese con cui oggi condividiamo il futuro nell’Ue. Quella Germania
che, talvolta giustamente, ci ricorda i nostri doveri di bilancio.
Insomma, aiuterà a capire se Berlino si fida di noi e in quale
considerazione ci tiene.
Ieri la Cassazione ha respinto l’ultimo
ricorso con cui gli avvocati dei manager contestavano la condanna per
omicidio e chiedevano una riduzione delle pene. Tra gli altri ci sono
Harald Espenhahn (9 anni) e Gerald Priegnitz (6 anni). La richiesta di
estradizione è stata dichiarata non ammissibile perché sono cittadini
tedeschi. Ora si apre un’altra strada, come ha scritto il ministro
Orlando al collega tedesco Heiko Maas: “Nei primi mesi del 2017 l’Italia
ha chiesto all’autorità giudiziaria tedesca di riconoscere la sentenza
ed eseguire in Germania la pena”. I manager tedeschi dovrebbero quindi
scontare la pena nel loro Paese. Tutti noi dobbiamo attendere con grande
interesse la risposta di Berlino; non soltanto le famiglie delle
vittime che non vanno lasciate sole.
I trattati tra Paesi hanno
essenzialmente una componente di diritto. E questa dice chiaramente che –
anche se la condanna per omicidio decisa dai giudici italiani può non
essere condivisa dallo Stato tedesco – la sentenza va eseguita. Ma c’è
anche (non detto, non scritto) un elemento politico. Il modo in cui
viene data esecuzione agli impegni dipende, appunto, da scelte
politiche. Che rivelano il modo di essere di uno Stato. Ma soprattutto
il modo di vedere i rapporti con il Paese controparte. Per questo
l’atteggiamento della Germania non deciderà soltanto la sorte di
Espenhahn e Priegnitz, ma rivelerà la fiducia del governo e del popolo
tedesco nell’Italia e nella sua giustizia. Di più: mostrerà la loro
lealtà. Vedremo se la Germania darà più peso agli impegni e al diritto
oppure all’affermazione della propria forza. Speriamo che non accada
come con gli Stati Uniti per il Cermis e il sequestro dell’imam Abu
Omar. Vicende giudiziarie che oltre a sancire un’ingiustizia hanno
lasciato una ferita indelebile negli italiani. Maggiore lealtà ci
aspettavamo dall’America. Ancor più l’attendiamo dalla Germania che è
nostro paese fratello in Europa.