Il Fatto 1.10.17
Indipendentisti sì, ma tanto amici del Cremlino
Ingerenze - La Brexit, il Front in Francia e ora la Spagna. Mosca fa leva sulle fratture dell’Europa
di Leonardo Coen
Tutto
è cominciato ad aprile. Quando a Barcellona viene arrestato il
programmatore russo Piotr Levashov, 36 anni, su richiesta degli Stati
Uniti perché accusato di cyberspionaggio nel caso Russiagate. Che ci
faceva in Catalogna questo misterioso hacker, il re dello “spam”, capo
del motore spam Kelikhos, creato nel 2010, ex militare ed ex membro di
Russia Unita, il partito di Putin?
Kelikhos, secondo il sito
KrebsOnSecurity, avrebbe infettato dai 70 ai 90 mila computer, capace di
inviare ogni giorno un miliardo e mezzo di messaggi. Inoltre, Levashov è
di San Pietroburgo, come Putin. È diventato miliardario, secondo il New
York Times, anche grazie alle commissioni che gli ha versato il
Cremlino. Lo scopo? In America, favorire la vittoria di Donald Trump. In
Europa, seminare dubbi nell’opinione pubblica sulla legittimità del
processo democratico, favorendo partiti e movimenti euroscettici,
populisti ed indipendentisti. Levashov, altro dettaglio significativo,
girava sempre con un paio di guardie del corpo e cercava di non mettersi
mai troppo in evidenza. Come una spia. Settembre 2016. Ora si capisce
perché Levashov fosse in Catalogna. Per organizzare disinformazione a
favore dei separatisti. La macchina delle ingerenze russe ripete lo
schema già sperimentato con Brexit e poi con Trump, in Olanda (a favore
di Geert Wilders, il leader xenofobo ed anti Bruxelles), in Francia
(Front National di Marine Le Pen), in Austria e in Germania, con
l’ultradestra tedesca di Afd. In Catalogna, il Cremlino ha visto
un’altra opportunità per accentuare le fratture europee e indebolire
l’Ue.
Non sono sospetti. Ma certezze. L’offensiva, segnalano le
piattaforme di analisi sociali come Audiense, è documentata da un
incremento massiccio di tweet, email, articoli, trasmissioni tv
schierati a favore del separatismo. La Tv di Stato russa ha commentato
due giorni fa la situazione come fosse frutto di una ineluttabile crisi:
“Il mondo occidentale sta cadendo a pezzi, non siamo solo noi ad
esserne colpevoli”. Si citano anche i referendum leghisti
sull’autonomia. RT, network satellitare globale finanziato dal Cremlino,
diffonde 42 servizi dal 28 agosto al 24 settembre, parecchi i titoli
scorretti, come “la Ue rispetterà l’indipendenza catalana, però
bisognerà aspettare il processo di adesione”. Fake. Sulla scena irrompe
Julian Assange. Il 12 settembre twitta: “La nascita della Catalogna come
Paese o guerra civile”. Il web è sobillato. Il 15 settembre (ore 6.46
pm): “Invito tutti ad appoggiare il diritto della Catalogna
all’autodeterminazione”. Il tweet, rilanciato dai media e dal web russo,
diventa virale. Quasi una parola d’ordine. Per NewsWhipquel giorno è il
tweet che ha avuto maggiore influenza nel mondo. Il 21 il testimone
passa a Edward Snowden: “La repressione della Spagna è una violazione
dei diritti umani”. Infine, ecco Justin Raimondo, direttore del sito
AntiWar, attivista no global che ha appoggiato Trump. Assange e i
soldatini del web russo diffondono l’articolo: “Catalogna? Una piazza
Tienanmen spagnola”.