mercoledì 18 ottobre 2017

Il Fatto 18.10.17
“La stretta parentela tra Lutero e Hitler”
La Riforma - Il 31 ottobre 1517 il monaco affisse le sue tesi sul portale della cattedrale di Wittenberg
di Paolo Isotta

Nel 1418 Poggio Bracciolini scopre nella biblioteca del monastero di San Gallo un codice contenente Il poema della Natura di Lucrezio, miracolosamente sopravvissuto alla distruzione e alla condanna del silenzio che l’opera aveva subita a opera dell’appena trionfante Cristianesimo. Il De rerum natura espone la teoria atomica di Democrito ed Epicuro, nega la distinzione fra spirito e corpo, l’immortalità di corpi e anime e l’esistenza di Dio; e si diffonde nella cultura europea.
Nel 1584 Giordano Bruno pubblica a Londra il De l’infinito universo et mondi, ove sostiene la pluralità degli universi e l’identità di Dio e Natura: il che conduce del pari all’ateismo, benché il filosofo fosse stato bruciato dalla Chiesa come “eretico”. Fra queste due date, il 31 ottobre 1517, il monaco agostiniano Martin Lutero affigge sul portale della cattedrale di Wittenberg le sue celebri tesi. È il primo passo di quella Riforma che modificò la storia del mondo.
Se la diplomazia ecclesiastica fosse stata lasciata libera di agire, la scettica Roma, a forza di trattative e compromessi, avrebbe estenuato e riassorbito l’ardito contestatore. Da sempre sorgevano teologi che sostenevano doversi tornare allo spirito evangelico; e la Chiesa ne aveva, imparzialmente, bruciata una parte e acquetata l’altra. Ma Lutero si trovò di fronte un fanatico come Carlo V: il quale funse da maieuta nei confronti del fanatismo suo. Lutero diventò il rivoluzionario autore del più importante scisma dell’Occidente.
Era partito solo dalla venalità e dalla corruzione della Chiesa romana, da lui sacrosantamente attaccate; a mano a mano sconvolse la teologia negando l’efficacia delle opere e portando l’assemblea a partecipare attivamente alla liturgia. La Messa e le funzioni dovevano esser in tedesco, affinché il popolo capisse: come se il Symbolum Nicenum (il Credo) fosse, in qualunque lingua, comprensibile. La Scrittura andava liberamente esaminata.
La Riforma di Lutero pare tuttora a molti un’affermazione di libertà. Ma la venalità dietro alla quale c’è un fondamentale scetticismo è preferibile al fanatismo. I grandi lumi dell’ex agostiniano sono Sant’Agostino e San Paolo; onde giustifica la tirannia, proibisce la ribellione al despota e sostiene anch’egli che la giustizia non è di questo mondo: il popolo ha da esser mansueto giacché ogni potere viene da Dio. Nel mondo cattolico l’Antico Testamento (e, talora, anche il Nuovo) era ormai considerato solo per un valore simbolico. Lutero lo riporta al centro della vita religiosa; e lo stesso avviene colle altre confessioni protestanti che si diffondono a seguito della sua vittoriosa predicazione. Il “peccato originale” è peccato “di conoscenza”: ma noi per Lutero dobbiamo scontarlo. Il cattolicesimo stava blandamente neutralizzando la parte biblica della religione; il suo ritorno potente è un regresso culturale del quale continuiamo a pagare i prezzi. La reazione della Controriforma fu intransigente conseguenza; ma le dobbiamo una fioritura artistica d’incommensurabile valore: il luteranesimo (e non parliamo dell’ancor più fanatico calvinismo) non riesce a liberarsi dall’idea che l’arte abbia essenza peccaminosa.
Che il luteranesimo sia oscurantista dal punto di vista culturale dice già Federico Nietzsche. Che in esso siano le radici del nazismo, affermerà nel 1945 Thomas Mann. Ma l’aveva già scritto uno dei più grandi biblisti novecenteschi, Giuseppe Ricciotti: egli, in Paolo Apostolo, mette in rilievo “la stretta parentela spirituale che c’è tra Hitler e Lutero, fra nazismo e luteranesimo, non esclusi gli intermediari di Hegel, Fichte, Treitschke ed altri”. La filosofia di Hegel, culminante nell’ideologia tirannica dello Stato Etico, è una mascherata Teodicea: Teodicea luterana.