Il Fatto 17.10.17
Kurz e la pazza idea di fare un governo “intollerante”
Sebastian (Cristiano-conservatori), il più giovane capo di un esecutivo in Europa potrebbe accettare la corte degli xenofobi
di Giampiero Gramaglia
Da
democristiano a democristiano, le congratulazioni del presidente della
Commissione europea Jean-Claude Juncker a Sebastian Kurz, il vincitore
delle elezioni in Austria, con il Partito popolare, sono state
agrodolci: Juncker ha augurato all’enfant prodige della politica
europea, 31 anni appena, il capo di governo più giovane dell’Ue,
“successo nella formazione d’un governo pro-europeo”: come dire, ‘non
azzardarti a fare comunella’ con gli xenofobi del Fpoe, che, nella conta
dei voti, ancora contendono il secondo posto ai socialisti.
Da
democristiana a democristiano, il messaggio della cancelliera tedesca
Angela Merkel al neo-collega Kurz è stato solo agro e per nulla dolce:
“La vittoria di Kurz – che s’è imposto inseguendo la destra sul suo
terreno, la paura dell’immigrazione, ndr – non va imitata… Non vedo in
Austria una formazione politica che sia un esempio per la Germania”,
dove, tre settimane or sono, l’ingresso nel Bundestag dell’AfD aveva
fatto suonare campanelli d’allarme d’estrema destra. La Merkel era già
di cattivo umore per i cattivi risultati regionali nella Bassa Sassonia,
dove l’Spd di Martin Schulz s’è imposta sulla sua Cdu – magra
rivincita, rispetto alla batosta federale –. E certo il modo della
vittoria di Kurz non le ha reso il boccone meno amaro, anche se
l’Austria ha già vissuto, ai tempi di Joerg Haider, all’inizio del
secolo, un’esperienza di estrema destra al governo.
Al quinto
ostacolo elettorale in 10 mesi, l’Ue non fa percorso netto e manca il
pokerissimo. Ma almeno evita il ritorno alla casella di partenza: i
socialisti non crollano e gli xenofobi avanzano meno del previsto. Dal 4
dicembre 2016 – presidenziali proprio in Austria, con il successo del
verde europeista Alexander Van der Bellen sul candidato xenofobo Norbert
Hoefer -, l’Unione ha visto le forze europeiste imporsi in Olanda, in
Francia e in Germania, anche se, a ogni tappa, le forze euro-scettiche
hanno coagulato larghi consensi.
Adesso, in Austria, hanno
l’opportunità d’andare al potere, specie se i socialisti dovessero
confermare il loro no alla riedizione di una ‘grande coalizione’ a ruoli
invertiti. Un’Austria a guida Kurz – Heinz-Chsristian Strache
s’avvicinerebbe ai Paesi del Gruppo di Visegrad (Polonia, Slovacchia,
Rep. Ceca e Ungheria) che frenano l’integrazione e s’oppongono a una
politica dell’immigrazione europea. Ma i tempi di formazione del governo
non saranno verosimilmente brevi: venerdì, il president Van der Bellen
affiderà l’incarico a Kurz.
La vittoria del partito del ministro
degli Esteri uscente era scontata, meno il testa a testa fra socialisti e
xenofobi: i popolari sono vicini al 32%, gli altri due partiti intorno
al 27%. I numeri rendono tutte le opzioni possibili: centro-destra,
centro-sinistra, persino un’alleanza rosso-nera (molto improbabile). I
Verdi, invece, restano sotto il 4%, fuori dal Parlamento: niente
‘Giamaica’, dunque, per i germanofoni del Sud.
Kurz non ha ancora
ufficializzato la sua scelta, ma dice di volere formare un governo “per
cambiare il Paese”: l’Fpoe di Strache asseconderebbe riforme di stampo
liberale che i socialisti, invece, ostacolerebbero. D’altro canto, il
giovane cancelliere non mette in discussione l’appartenenza dell’Austria
all’Ue e neppure gli xenofobi mettono l’accento sull’uscita dall’Unione
o dall’euro.